Sarzana, che Botta!

« Quando il committente di una città impone case con un’architettura omogenea , l’esito ci appare sordo: le facciate non rispecchieranno più le diverse inclinazioni del gusto individuale(...) ratio medesima della loro bellezza »

Marco Romano


Antenne e WiFi, il cancro è “probabile”
Ricerca choc dell’Istituto Ramazzini

Articolo di Carlo Ruocco
Iperplasia delle cellule di Shwann nei ratti maschi e femmine, gliomi maligni (tumori al cervello) nei ratti femmine alle dosi più elevate, tumori rari delle cellule nervose del cuore nei ratti maschi. Sono gli effetti delle radiofrequenze evidenziato effettuato su una popolazione di 2.448 ratti, il più ampio mai eseguito. A realizzarlo è stato il Centro di ricerca sul cancro dell’Istituto Ramazzini di Bologna, diretto dalla scienziata Fiorella Belpoggi. Il risultato della ricerca conferma e amplifica le conclusioni già allarmanti di un’analoga inchiesta condotta negli Stati Uniti dal National Toxicologic Program.

La scienziata Fiorella Belpoggi durante l’intervista a Sky TG24

“Sulla base dei risultati ottenuti dalla nostra ricerca e dal precedente studio del National Toxicologic Program statutinense riteniamo che l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze. Finora erano ritenute possibili cancerogeni. E’ il momento di definirle probabili cancerogeni”. Con questa dichiarazione la scienziata Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini di Bologna, ha presentato i risultati della ricerca. La differenze tra possibile e probabile a livello scientifico è assai rilevante: basti pensare che ci sono solo tre gradi di classificazione.

I ratti esposti a radiazioni GSM da 1.8 GHz
La ricerca era stata annunciata lo scorso gennaio a un convegno scientifico internazionale in Israele ed era molto attesa nel mondo scientifico, perché serviva a confermare i risultati già allarmanti dell’inchiesta statunitense. Ebbene lo studio del Ramazzini non solo conferma i risultati Usa, ma li amplifica. Innanzitutto l’istituto bolognese ha esaminato esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate dall’ente di ricerca statunitense. Nonostante ciò sono stati individuati gli stessi tipi di cancro. Inoltre sono stati scoperti aumenti statisticamente significativi di tumori rari delle cellule nervose del cuore nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta (50 volt per metro).
I ratti sono stati esposti a radiazioni GSM da 1.8 GHz per diciannove ore al giorno con dosi di intensità dai cinque ai venti Volt per metro.
In un’inchiesta della redazione giornalistica di Sky sui “nuovi veleni” Fiorella Belpoggi ha ribadito il pericolo che può derivare da un uso non corretto dei cellulari e dei dispositivi WiFi e ha sottolineato che la legislazione è ancora carente sul fronte della prevenzione. “Non si tratta di proibire. Di queste tecnologie non possiamo farne a meno. Si tratta di farne un uso corretto, consapevole. Si tratta di educare i più giovani. Per guidare l’auto occorre una patente. Per usare apparecchi che emettono radiofrequenze è bene conoscere i rischi e come abbatterli”.

Da Monti a Cavarra: la politica ignora la scienza
Se l’uso corretto del cellulare dipende da noi, la presenza dei ripetitori (antenne) è un problema collettivo a cui devono dare risposte i politici, dal parlamento alle regioni, ai consigli comunali. E’ un po’ come il fumo. Singolarmente possiamo decidere di rischiare il tumore ai polmoni e fumare quaranta sigarette al giorno. Allo stesso modo possiamo decidere di esporre noi e i nostri figli fin dalla tenera età a onde elettromagnetiche per più di quattro ore al giorno. Per proteggere la collettività occorrono regole. Purtroppo in Italia la legislazione alla voce controlli è evoluta in peggio. Nel 2012 il governo Monti ha cambiato il metodo di misurazione delle radiazioni emesse dagli impianti. Prima venivano valutate in un arco di tempo definito. Dalla finanziaria Monti vengono calcolate sulla media delle 24 ore. Di notte il traffico è molto ridotto e i dati sono annacquati.
Poi vi è un’arretratezza culturale della politica a livello locale. I Piani delle Antenne sono considerati una sorta di scocciatura, redatti per mettere a tacere cittadini rompiballe. Sarzana ne è un esempio. Annunciato con tanto di delibera di giunta comunale nel dicembre 2014 a fronte della protesta degli abitanti dei Grisei, appoggiati dal Comitato che botta! e dalle associazioni ambientaliste, il Piano è stato adottato dal consiglio comunale il 21 aprile 2017. Ma l’iter di approvazione si è bloccato sulla risposta alle Osservazioni dei cittadini e sulla Valutazione Ambientale e deve ancora vedere la luce oggi. Ormai se ne occuperà il prossimo consiglio comunale.
Per ora, grazie al pressing del Difensore civico regionale Francesco Lalla sul sindaco Cavarra, si è arrivati almeno alla stipula di una convenzione tra Comune e Arpal per attuare misurazioni costanti delle emissioni delle onde elettromagnetiche. Ma la legge quadro nazionale che fa divieto di installare impianti presso scuole, luoghi di studio e di svago, strutture sanitarie e sportive (Missioni, Grisei-Stadio) e aree densamente popolate (centro storico, via Landinelli) a Sarzana è ampiamente disattesa.

 

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Data
giovedì, 10 maggio 2018

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