Magra, contro le piene inutili i dragaggi
La sentenza del Tribunale delle Acque
Articolo di Carlo Ruocco
I dragaggi dell’alveo determinano “un modesto e non significativo miglioramento” della sicurezza in caso di piene. Anzi, come dimostrano l’esperienza e gli studi, sono ininfluenti.
Ad affermarlo è il Tribunale delle Acque di Torino, la massima autorità in materia di idraulica fluviale. L’affermazione è contenuta nella sentenza numero 662/2015 dell’otto aprile scorso con la quale i giudici hanno respinto il ricorso di una trentina di alluvionati, sostenuti dai Comitati, che chiedevano di condannare la Provincia e la Regione a risarcire danni per ottocento mila euro per le esondazioni del Magra del dicembre 2009, a effettuare dragaggi annuali nell’alveo e lungo l’argine del fiume Magra e a provvedere alla costruzione di corrette arginature. Il Tribunale censura anche l’uso improprio del territorio fluviale. Qui l’estratto della sentenza: Magra SENTENZA TRIBUNALE DELLE ACQUE
Uno schiaffo ai politici incompetenti
La sentenza fa giustizia di tante stupidaggini dette in questi anni dai fautori dei dragaggi, politici in testa, sindaci, assessori regionali, fino a chi oggi siede in parlamento atteggiandosi a paladino dell’ambiente, che per anni hanno pontificato senza avere alcuna competenza in materia. Il verdetto suona anche come beffa per quei cittadini che hanno seguito certi leader oltranzisti dei Comitati degli alluvionati, presentando la richiesta di risarcimento danni il 18 luglio 2013. A quella data infatti erano già note da due anni le conclusioni dell’Accertamento tecnico preventivo, che classificava i dragaggi come opere ininfluenti per prevenire le esondazioni, riprendendo le argomentazioni scientifiche del professor Giovanni Seminara, consulente della Regione, fatte proprie anche dalla sentenza. I ricorrenti sono stati condannati a 12 mila euro di spese legali.
Abusive le strutture nelle aree golenali
Non solo. La sentenza ribadisce che le costruzioni nelle aree golenali sono opere abusive, non sanabili “, perché prive della licenza idraulica demaniale in una zona del fiume che è sottoposta al principio della doppia conformità urbanistica. In queste condizioni si troverebbero tra l’altro 300 manufatti turistici (bungalow) della Marina 3B, di cui la Provincia ha già ingiunto la demolizione, trovandosi in aree demaniali ricomprese nella fascia di riassetto fluviale.
Nelle stesse condizioni di abusività si trovano altri impianti nautici sorti nelle aree golenali e nella zona P14 del Piano di Bacino. In un paese normale verrebbero ricollocati. In Italia i proprietari accampano diritti e rivendicano opere inutili a spese dei contribuenti.
Sicurezza idraulica, dragaggi ininfluenti
Perché i dragaggi sono ininfluenti per la sicurezza degli abitati?
La sentenza fa riferimento alla perizia tecnica dell’ingegner Andrea Gianasso, consulente tecnico del Tribunale, alla perizia del professor Giovanni Seminara del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’università di Genova (a noi e ai nostri lettori sono noti gli studi condotti dai professori Giovanni Seminara e Michele Bolla Pittaluga) e, per paradosso, agli stessi argomenti addotti dai ricorrenti. Lo studio dell’università di Genova aveva evidenziato che al Ponte della Colombiera in quell’eccezionale alluvione fu misurata una portata di 4.500 metri cubi d’acqua al secondo, quando l’alveo del fiume Magra non è in grado di far transitare portate superiori ai duemila metri cubi al secondo. Dragare non serve. La prova? Per il perito del tribunale l’ha fornita lo stesso ingegner Giovanni Iannelli, consulente di parte per gli alluvionati. Costui riteneva necessario un dragaggio di cinquanta mila metri cubi d’inerti l’anno. La Provincia e la Regione avrebbero dovuto essere condannati ad attivarsi immediatamente.
Inutile il massiccio dragaggio del 2009
Peccato però che nell’estate 2009, cioè tre mesi prima della grande alluvione, dal Magra erano stati asportati ben 97.400 metri cubi d’inerti, cioè quasi il doppio (con costi esagerati, pagati da noi contribuenti n.d.r.). Quindi, concludono i giudici del Tribunale delle Acque di Torino, “l’intenso dragaggio non aveva avuto positiva incidenza in relazione agli eventi alluvionali del 2009”.
Né i dragaggi, in base agli studi, determinano aumenti del coefficiente di scabrezza, cioè di resistenza del fondo dell’alveo all’onda di piena. Per capirci una sorta di capacità di rallentamento della corsa dell’acqua: più il fondo è liscio, più la velocità aumenta e fa danni (così come le opere che tendono a canalizzare il corso dei fiumi, raddrizzandone il percorso).
I giudici: utilizzazione impropria del territorio
I giudici (presidente Luigi Grimaldi, consigliere relatore Patrizia Dolcino, membro esperto ingegner Fulvio Baietto) concludono stigmatizzando “l’utilizzazione impropria del territorio, essendo la collocazione di beni in parte in zona golenale del fiume, tale definita dal PAI del 2006, siti privi di autorizzazione idraulica, e in parte in zona P14, la più elevata per rischio idraulico”.
La sentenza segna un punto fermo e sarà bene che politici e amministratori la mandino a memoria, onde evitare di sperperare denari pubblici in opere inutili se non addirittura dannose. Iniziamo a parlare di ricollocazione di attività che, in termini di legge, sono abusive.