Piano Botta, cantiere fermo
Crisi finanziaria ed errori politici
Articolo di Carlo Ruocco
Il cantiere di via Muccini è fermo. Dalla lettura dei giornali di oggi pare di capire che lo stop sia dovuto a problemi di finanziamento dell’opera da parte di Banca Carige, travolta da un’inchiesta aperta a Genova dal sostituto procuratore Silvio Franz. Da alcune verifiche che abbiamo condotto pare però di capire che l’indagine condotta dalla Procura e dalla Guardia di Finanza di Genova non ha inciso direttamente sullo stop ai lavori.
All’origine vi sarebbero problemi di finanziamento o – più esattamente – di autofinanziamento. La banca, per i vincoli dell’accordo che regola l’attività creditizia, che va sotto il nome di Basilea 3, non può concedere altro fido, se il cliente non dimostra di poter contare su mezzi propri per rientrare dall’esposizione.
Proprio per tali vincoli le banche controllano con particolare attenzione le imprese di costruzione. Secondo quanto rivelato dal Secolo XIX Banca Carige avrebbe accordato un’apertura di credito di 56 milioni di euro per la realizzazione dell’intero piano. Ma questa cifra viene erogata in tranches in base allo stato di avanzamento dei lavori. Una prima tranche viene data per l’avviamento del cantiere. Ma per ricevere i successivi finanziamenti le imprese devono dimostrare non solo di procedere nell’opera, ma anche di avere acquirenti, attraverso l’esibizione di compromessi di acquisto. Se non hanno queste promesse, l’erogazione dei finanziamenti si deve interrompere perché per la banca il rischio diventa troppo elevato.
Il mercato edilizio è in crisi. Ma non da oggi
Il mercato edilizio è fermo da almeno quattro anni per eccesso di domanda (di case invendute a Sarzana ce n’erano già nel 2010 e ce ne sono oggi in maggior quantità) e le prenotazioni di nuovi immobili languono. Per chi aveva previsto questa situazione – come il Comitato Sarzana, che botta! – è una magra soddisfazione assistere al blocco dei lavori. Al danno della brutta opera, si aggiunge per Sarzana lo spettro della beffa di un’altra incompiuta.
Nei nostri documenti di contrasto al Piano di via Muccini, fortemente voluto dal sindaco Massimo Caleo e dalla sua giunta, dove sedeva l’assessore al bilancio Alessio Cavarra, evidenziammo più volte la sproporzione tra l’intervento edilizio e la realtà economica di Sarzana. Ci appariva un intervento “fuori scala” sia dal punto di vista urbanistico, sia dal punto di vista economico. Costruire tutti quei volumi, oltre all’incognita del piano finanziario, avrebbe significato il blocco dell’attività edilizia per i prossimi dieci anni con conseguenze su tutto il comparto.
Le responsabilità della politica (e dei giudici del TAR)
Ma il blocco del cantiere non può essere liquidato come un problema di rapporti tra le cooperative e banca Carige. Ci sono responsabilità politiche che vanno evidenziate. E anche responsabilità dei giudici del TAR Liguria.
Quando il 9 luglio 2009 il Consiglio comunale di Sarzana adottò la variante di via Muccini e piazza Terzi, proposta dalle Coop Unieco e Abitcoop Liguria nella primavera del 2007, il Piano Regolatore di Sarzana aveva già compiuto undici anni (era stata approvato nel marzo 1998). Per la legge urbanistica regionale quel PRG, nei sei mesi precedenti la scadenza decennale (cioè prima del marzo 2008) avrebbe dovuto essere sottoposto a verifica di attualità. Oppure nei tre anni successivi si sarebbe dovuto procedere alla redazione di un nuovo strumento urbanistico generale. La legge ha una sua logica: si sottopone un piano regolatore a verifica prima del compimento dei dieci anni. Si verifica cioè se le previsioni in esso contenute (ad esempio le volumetrie previste, le zone da cementificare, la viabilità, il verde pubblico ecc. ) sono ancora valide sulla base di indicatori quali possono essere ad esempio il numero di alloggi invenduti o comunque liberi, le nuove direttrici di traffico ecc.
Conclusa la verifica si può decidere se è il caso di aggiornare il piano urbanistico o se confermarlo. Il Comitato Sarzana, che botta! sostenne in tutte le sedi che si doveva procedere a un nuovo piano urbanistico, perché quelle volumetrie previste nel 1998 si erano rivelate eccessive. Lo sostenne in primo luogo con le Osservazioni presentate al Consiglio comunale e liquidate in meno di mezz’ora di dibattito (scandaloso!). Poi provammo al TAR, ma i giudici fecero confusione tra i sei mesi della verifica e i tre anni assicurati per la revisione.
Perché si sosteneva che il PRG andava rifatto
Nel 2008 si era esaurito il boom edilizio. Come ci dicevano i più accorti e accreditati agenti immobiliari sarzanesi, almeno da cinque anni non si vendeva neppure un metro quadrato di uffici e d’immobili commerciali. Il Piano Regolatore nella sola area di via Muccini prevedeva la costruzione di altri 11 mila metri quadrati di terziario e altrettanti di commerciale. Una follia per Sarzana. Nel 2009 la crisi del commercio nel centro storico era già all’ordine del giorno, tanto che l’assessore al ramo, Alessio Cavarra, formulò la stravagante proposta di trasformare Sarzana in un outlet.
Un’amministrazione responsabile avrebbe dovuto fermare la macchina e procedere a un nuovo Piano urbanistico, riducendo le volumetrie. Massimo Caleo e i suoi fidi Roberto Bottiglioni e Alessio Cavarra lanciò l’ “Avanti tutta”, sprecando invettive contro chi si opponeva “allo sviluppo della città, all’occupazione, alla crescita, al progresso”.
Contano su un dato certo: gli italiani hanno la memoria cortissima. Ma faremo in modo di rinfrescarla.