Flop del Piano Botta
non c’è da gongolare
Sarzana sfregiata
e danneggiata
Ci ha lasciati veramente senza fiato e profondamente indignati leggere sul Secolo XIX di mercoledì 30 luglio la chiusura dell’articolo sul blocco dei lavori al cantiere di via Muccini. “Il Comitato Sarzana, che botta! gongola”. Ci chiediamo come si possa scrivere con tanta leggerezza un’affermazione simile senza aver interpellato alcuno dei legali rappresentanti del Comitato. Fango gratuito sul Comitato. Per quale motivo dovremmo gongolare? Per gli operai a spasso? Per i palazzi che resterebbero allo stato di scheletri, alcuni già rivestiti di orrendi mattoni rossi? Per la viabilità sospesa? Per l’assoluta mancanza di parcheggi pubblici e privati? Per la mancata realizzazione dei trentadue alloggi a canone concordato, per i quali – se non erriamo – sono già stati incassati due milioni di euro di fondi FAS, cioè di fondi pubblici, cioè di noi contribuenti?
Il danno all’immagine architettonica di Sarzana ormai è stato consumato. Anche i più strenui difensori del Piano Botta oggi dicono che è un incubo, che ricorda il nostro render con l’urlo di Munch. I pericoli di natura idrogeologica, che abbiamo denunciato, permangono e permarranno, perché la diga sotterranea ormai è stata realizzata. A questo punto meglio concludere l’opera a disonore perenne di chi ha voluto deturpare per sempre il volto di Sarzana, senatore Massimo Caleo in testa. Semmai cerchiamo di evitare lo scempio di cemento e mattoni in piazza Terzi e dintorni.
Come Comitato a dicembre abbiamo rinunciato a ricorrere al Consiglio di Stato, sebbene tutti ci dicessero che avevamo ottimi motivi (la vicenda di piazza Verdi alla Spezia dimostra che il Tar Liguria quasi mai ci azzecca) proprio perché in caso di nostra vittoria c’era il rischio concreto che i palazzi restassero allo stato d’incompiuta. E in Italia rarissimamente immobili abusivi vengono abbattuti. Insomma il Comitato si sarebbe reso responsabile di infliggere a Sarzana il danno e la beffa di un quartiere fantasma, esattamente quello che si sta verificando per la scarsa lungimiranza della politica e delle cooperative.
Il secondo motivo che ha spinto il Comitato a non ricorrere al Consiglio di Stato è stato il fallimento del bando di gara per realizzare la parte pubblica del Piano Botta in piazza Terzi. Senza ricorsi giudiziari si è riaperta la possibilità di rivedere tutto il progetto e proporre alla città qualcosa di meno faraonico, più sostenibile finanziariamente e ambientalmente. Dobbiamo sottolineare la gestione fallimentare di tutta l’operazione del Piano Botta, a cominciare dalla ricaduta negativa sulle finanze comunali con la parcella dell’archistar. Non vogliamo pensare alle conseguenze di un’eventuale restituzione di denari ricevuti dai fondi FAS, distribuiti tra l’altro senza gara europea per le opere pubbliche il cui importo complessivo superano i cinque milioni di euro.
P.S.: Il contenuto di questo documento non è stato pubblicato dal Secolo XIX, al quale era stato inviato