Sarzana, che Botta!

« Non sapevano che fosse impossibile, allora l’hanno fatto »

Mark Twain


Bolla Pittaluga: dragare alla foce non protegge Bocca di Magra e Fiumaretta

Dragaggi sì, dragaggi no …… E’ il ritornello che ormai ci accompagna da quando la Natura sta presentando il conto del restringimento dell’alveo dei fiumi Magra e Vara ad opera dell’uomo. La domanda è: dragare il fiume, tentare di abbassare il livello dell’alveo è un’azione risolutiva per abbattere il rischio per le popolazioni che vivono lungo il fiume?
Nel convegno del Comitato “Sarzana, che botta!” il professor Michele Bolla Pittaluga del DICAT dell’Università di Genova, che col professor Giovanni Seminara ha svolto uno studio scientifico, basato su rilevamenti dell’evoluzione dell’alveo e su modelli matematici proprio sul tratto terminale dal ponte della Colombiera, ha operato una netta separazione tra l’efficacia del dragaggio ai fini della tutela degli abitati di Bocca di Magra e Fiumaretta e ai fini della fruizione del fiume per la nautica.
Ovviamente assenti gli amministratori pubblici (con le eccezioni di Marino Fiasella, commissario straordinario per la Provincia, e di Francesco Pisani, presidente del Parco, corelatore al convegno) e i portatori d’interessi della nautica.
Sicurezza degli abitati: dragare è inutile. Lo studio si riferisce agli ultimi cinque chilometri del tratto terminale del Magra. Le zone lungo il fiume erano classificate a rischio di piena con ritorni trentennali. Gli avvenimenti che si sono verificati dal gennaio 2009 al 25 ottobre 2011 hanno accorciato questo intervallo temporale. Tra il 2003 e il 2008 erano stati dragati 288 mila metri cubi di inerti. Il fondo del fiume è rimasto sostanzialmente stabile. Il Piano dell’Autorità di bacino prevedeva l’estrazione di 600 mila m3. Lo studio dell’Università di Genova ha evidenziato che dragare porta un beneficio in caso di piena di 45 centimetri immediatamente dopo il ponte della Colombiera. Beneficio che si assottiglia a venti centimetri a un chilometro e mezzo dalla foce per annullarsi alla foce, cioè a livello del mare. Insomma il beneficio in termini di sicurezza per le popolazioni che abitano a Fiumaretta e Bocca di Magra tende ad annullarsi.
Il fondo del fiume viene eroso dalla piena. Un altro luogo comune è che il fondo del fiume viene sovralluvionato dalla piena. Ci possono essere tratti dell’alveo che per un gioco di correnti vede il formarsi di abbancamenti di sabbia e ghiaia. Ma il fondo, come è dimostrato ormai da tutti i rilievi aerei con le sofisticate attrezzature Lidar, viene eroso. Nel tratto del Magra in Lunigiana dopo l’alluvione del 25 ottobre 2011 il livello dell’alveo è risultato aumentato in media di soli due centimetri. Il Vara era risultato addirittura eroso.
La barra di sabbia alla foce del Magra. I rilievi fotografici aerei mostrano che l’isolotto (barra fociva, secondo il linguaggio tecnico) era presente nel 1937, nel 1943, nel 1954. Uno studio matematico sugli effetti che questa presenza ha in presenza di una piena non è stato fatto. Ci sono però altri studi, a cui ha fatto riferimento il professor Bolla Pittaluga, mostrati al convegno inter-universitario di Genova e Firenze, che dimostrano che queste “barre” di sabbia vengono spazzate via dall’impeto della fiumana e disperse in mare con grande vantaggio per il ripascimento delle spiagge (un bene prezioso per il nostro turismo e quindi per la nostra economia). Un effetto dell’isolotto sull’alzata del livello di piena (ma occorrerebbe uno studio preciso per affermarlo e quantificarlo) lo si potrebbe avere sulle sponde solo in corrispondenza di esso. Con la piena l’isolotto sparisce. Tende a riformarsi durante la primavera e l’autunno con l’andamento lento del fiume.
Il discorso sarebbe tutto diverso se l’isolotto fosse piantumato con alberi consistenti, come si era creato nel mezzo del letto del Magra ad Aulla. In quel caso il “bosco fluviale” ha resistito, ha fatto da diga e ha innalzato l’onda di piena di ottanta centimetri.
Dragare è utile alla nautica. Se non serve per diminuire il rischio per gli abitati di Bocca di Magra e Fiumaretta, dragare è sicuramente utile alla nautica. Occorre però avere presente, come aveva già sottolineato il professor Seminara, che il fondo si ripristina abbastanza velocemente. Quindi per rendere il Magra navigabile per imbarcazioni di grande pescaggio (le bavche, quelle con la v al posto della r, per intenderci) occorrerebbe un’opera di escavazione costante nel tempo con costi rilevanti e danni per il litorale se il materiale asportato non fosse usato per ripascere gli arenili. Ma questa operazione ha costi elevati. Chi se li dovrebbe accollare? I contribuenti?
Scolmatore sì o no? Anche su questo punto lo studioso del fiume è prudente. Sul fiume non si possono fornire soluzioni ideologiche. La Regione ha avviato uno studio con un investimento di centomila euro. Il professor Bolla Pittaluga ha sottolineato che occorre studiare bene l’effetto dei sedimenti portati dalle piene: dove andrebbero a finire? E ancora: in quanto tempo lo scolmatore si interrerebbe e a quanto ammonterebbero i costi per la sua pulizia annuale?
Il Comitato “Sarzana, che botta!” torna a ripetere: meglio studiare bene le soluzioni affidando gli studi a centri di eccellenza universitari, piuttosto che parlare a vanvera, ascoltare chi urla più forte e gettare al vento i soldi dei contribuenti.

A seguire si riporta la presentazione del Prof. Bolla Pittaluga, per sfogliare clicca sulle frecce bianche a destra/sinistra dell’immagine. Per visualizzare a schermo intero clicca al centro. Per visualizzare invece il video della presentazione (con audio) cliccare qui.

 

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Data
giovedì, 4 aprile 2013

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