Fiume, gli studi giustiziano le banalità: pericolosi i boschi in alveo. Dragaggi inutili
La vegetazione in alveo, quando diventa bosco, è pericolosa: può alzare di oltre un metro il battente di piena. I dragaggi in alveo sono inutili se non addirittura dannosi: in 20 anni nel Magra versante toscano, il deposito di inerti è cresciuto di soli due centimetri.
A dirlo è lo studio condotto dalle facoltà d’ingegneria idraulica di Genova e di Scienze della Terra di Firenze, che su incarico della Regione Toscana hanno studiato il fiume Magra, versante lunigianese.
Ambientalisti talebani e sindaci escavatori sono pregati di memorizzare bene.
Dallo studio un’altra conferma: i maggiori rischi di esondazioni sono da addebitare alla follia di stringere il letto dei fiumi, costruendo a ridosso dell’alveo.
Sono le conclusioni a cui sono approdati gli studiosi (del gruppo facevano parte anche gli ingegneri e i geologi dell’Autorità di Bacino del Magra e della Difesa del suolo della Toscana.
La relazione del professor Bolla Pittaluga
La relazione che fotografa lo stato del Magra lunigianese è stata svolta al convegno interuniversitario svoltosi a Genova e Firenze dal professor Michele Bolla Pittaluga del DICAT di Genova diretto dal professor Seminara.
Quando la vegetazione diventa pericolosa
In sintesi lo studio ha evidenziato che il boschetto che era cresciuto nel letto del fiume proprio davanti ad Aulla ha alzato il livello di piena di un metro e venti centimetri, contribuendo assieme al restringimento dell’alveo per la folle costruzione di un intero quartiere negli anni Novanta all’esondazione del centro abitato.
Dragaggi inutili o dannosi
Nello stesso tempo lo studio ha evidenziato che i dragaggi sono inutili, se non addirittura dannosi sia per la valle (aumenta l’erosione delle sponde e le frane con conseguente precipitazione a valle di una gran massa di materiali inerti) sia per il litorale (minor apporto di sabbia). Lo studio, come si diceva, ha evidenziato che il letto si è alzato mediamente di 2 centimetri in venti anni.
Le barre di ghiaia non sono sovralluvionamenti
Il professor Bolla Pittaluga ha sottolineato che troppo spesso si confondono i sovralluvionamenti (il letto del fiume si alza complessivamente) con la creazione di “barre” di ghiaia nell’alveo (tecnicamente zone di deposito). Di solito è il fiume stesso che nel suo fluire ridistribuisce gli inerti. Un’azione di prevenzione (è quello che ha fatto nel Magra la Regione Toscana) può concretizzarsi nell’intervenire al posto del fiume e rimuovere le barre, ridistribuendo i detriti, non rimuovendoli. Insomma l’esatto contrario di quel che ha deciso la Provincia della Spezia sul Vara, facendo un grosso favore alle ditte di escavazione.
Guarderemo di approfondire l’argomento.