Ordigni da mortaio e cannone. Nuovo stop al cantiere del piano Botta
di Carlo Ruocco
Sarzana, 9.3.2012
Nuovo ritrovamento di materiale bellico nei cantieri del progetto Botta e nuova sospensione dei lavori.
Questa mattina la polizia è stata allertata dopo che gli operai hanno rinvenuto nel terrapieno di un edificio diroccato, a ridosso del muro di cinta che da sua via Emiliana, trentasei ordigni da mortaio e due proiettili da cannone in pessimo stato di conservazione.
L’area sulla quale sorgevano i vecchi depositi di materiale ferroso era appartenuta in passato all’industriale del ferro Bigagli. Il materiale bellico è in pessimo stato di conservazione, ma può costituire comunque un pericolo per gli abitanti del palazzo confinante, dove si trova l’agenzia ippica, in quanto i proiettili sono pieni di esplosivo.
La prossima settimana è previsto l’intervento degli artificieri. Saranno loro a decidere se nel corso delle operazioni di rimozione gli edifici confinanti dovranno essere fatti evacuare.
La possibile presenza di ordigni bellici nell’area era stata segnalata dagli stessi proprietari di un tempo, che a loro volta avevano raccolto le testimonianze degli anziani operai dei laboratori artigianali sorti su via Muccini. E’ stato detto e scritto che si tratterebbe di depositi di materiali esplosivi creati dai partigiani dopo la guerra per un’eventuale insurrezione armata.
Ieri abbiamo incontrato in via Emiliana il partigiano “Loris”. Alto, magro, una ancor folta capigliatura bianca, alla soglia dei novant’anni, percorreva la strada con passo spedito verso il centro città. Lo abbiamo avvicinato. Ci ha fornito solo il nome di battaglia e non ha voluto essere fotografato. Gli abbiamo riferito del ritrovamento e posto la domanda: ma può davvero trattarsi di un deposito partigiano?
“Di esaltati dopo la guerra ce n’erano. Io dopo la Liberazione dopo venti mesi di battaglie sui monti dell’Apennino ligure, toscano ed emiliano, non ho toccato neppure più una pistola. Ma qualche esaltato c’era. Mi sembra strano però bombe di mortaio. Non avevamo mortai, tanto meno cannoni. Forse un mortaio sì. Ma non ci giurerei”.
Altrimenti a chi potrebbero essere appartenute?
“Quando gli eserciti si ritirarono, abbandonarono qua e là depositi di munizioni, magari nascosti alla bell’e meglio. Bisognerebbe vedere di che tipo di munizioni si tratta prima di dire chi le ha abbandonate o nascoste”.
Caro Direttore, sarebbe stato molto strano che nei lavori dell’immediata periferia cittadina non si fossero trovate bombe inesplose. Infatti negli ultimi giorni di guerra al Comando militare americano che si trovava in Versilia, arrivò la voce che ancora molti tedeschi occupavano Sarzana. Poichè l’attacco alla Linea Gotica era ormai in corso, gli alleati decisero allora un massiccio bombardamento sulla città, un “gros plan” di circa 11mila bombe. Ma appena le prime bombe caddero nel centro si Sarzana con grossi danni, il comandante della brigata Muccini di linea Piero Galantini andò a sua volta a protestare contro i militari americani dicendo che le sue informazioni del tutto attendibili parlavano di poche unità presenti in zona e che quindi quel bombardamento era inutile e che soprattutto avrebbe fatto centinaia di vittime. Gli americani presero atto di quanto sostenevano i partigiani, ma si dissero impotenti a bloccare il piano preparato dalla sezione strategica, e che a quel punto – questo raccontava nel dopoguerra lo stesso Galantini – gli artificieri potevano solo evitare di introdurre la spoletta nel cavo della bomba, impedendone così lo scoppio. Fu così che migliaia di bombe prive di esplosivo furono lanciate su Sarzana, con il risultato di bucare pareti, sfondare tetti, e terrazzi, ma limitando tuttavia i danni alle persone, nel frattempo quasi tutte sfollate. Raccontava molti anni dopo quel fatto un partigiano che al suo ritorno a casa dai monti, trovò nella cucina della sua casa, ad un ultimo piano di piazza Matteotti, ben quattordici bombe inesplose sul pavimento, mentre un fiasco d’olio era rimasto miracolosamente intatto e in piedi su uno scaffale.
Cordiali saluti
Pino Meneghini