Il mondo visto da una panchina, ossia “sopra la panca, la Magra campa”
di Simona Giorgi
Avete presente il nostro bel viale alberato, il Viale XXI Luglio a Sarzana?
A volte lo si percorre in modo frettoloso e distratto, dopo aver parcheggiato l’auto, o con lo sguardo rivolto verso le cancellate delle ville signorili che da ambo i lati vi si affacciano.
Altre volte, specie in estate, è lo stupore per l’oscurità che discende dalle rigogliose e fitte fronde dei tigli a dare riposo ai nostri occhi abbagliati.
Così forse non ci si accorge della presenza di un elemento, un oggetto di arredo urbano che sembra rispecchiare la superficialità di certo modo di fare città: la panchina.
Se le panchine possono contribuire alla definizione dell’identità di uno spazio pubblico, allora quelle del Viale XXI Luglio, esprimono l’idea di un rapporto con la realtà che è negazione di socialità e unità (di pensiero, luogo e sentimento/memoria). Chi volesse infatti soffermarsi, accomodandosi su una di esse, si troverebbe a cantemplare a distanza più che ravvicinata solo automobili.
Rivolte verso la strada d’asfalto e prospicenti il cordolo divisorio, non invitano certo a “stare”, non ad esaminarne la collocazione nell’ambiente, cosicchè queste panchine restano irrimediabilmente oggetti inanimati e vuoti.
Se è vero che l’espressione “stare in panchina” ha assunto, nella nostra epoca, il significato di “rinuncia a scendere in campo”, e come afferma lo scrittore Bichsel “la nostra epoca considera ogni mutamento del rapporto con la realtà pericoloso per l’ordine costituito”, è altrettanto vero che il leopardiano “sedendo e mirando”, rievoca un elogio della sosta, dello stare fermi senza essere sfaccendati.
E’ in questa accezione che dovremmo trovare l’incoraggiamento a cambiare, consapevoli che la divagazione mentale non è disgiunta dall’interrogazione sulla propria condizione, sull’ordine e il disordine del mondo, sul senso ultimo delle cose.
Così, mentre in un’ottica di cambiamento sembra essersi posto il Sig. Colaninno, presidente di Immsi, con la sua proposta di trasferire Intermarine a La Spezia, il nostro Signor Sindaco intende ardentemente restare arroccato su posizioni prive di alcuna lungimiranza.
Non si dovrebbe incominciare a comprendere che l’acqua, in tutte le sue manifestazioni, nella sua abbondanza o nella sua scarsità, modella il territorio ben oltre quello che può essere il controllo umano? Non è forse il momento di riconoscere il legame indissolubile tra la comunità e il bacino fluviale per far sì che l’idea di fiume condiviso possa, nel rispetto dell’intero ecosistema, prevalere sull’idea di un profitto legato ad un’impresa che, con le sue installazioni militari, non si accorda con la vocazione turistica e naturalistica del luogo ?
Alla luce dei recenti disastri che hanno sconvolto l’intera Liguria, sarebbe opportuno riconoscere, finalmente, il fiume come autentico capitale naturale, come “risorsa di risorse”, nel suo proprio spazio e nei suoi propri tempi, così da restituire vita a quelle relazioni di identità, di reciprocità, di umanità che si sono sacrificate insensatamente insieme al territorio.
Pertanto proviamo a pensare che – per usare un’espressione di Massimiliano Panarari – “la politica comincia proprio da come ci si mette a sedere, insieme, su una panchina..”