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Difesa del suolo: Salzano, la legge c’è, basta attuarla

Dal libro di Edoardo Salzano, Fondamenti di urbanistica. La storia e la norma,
Editori Laterza, Roma-Bari 2003, p. 224-227

La difesa del suolo
Nell’ordinamento italiano le diverse componenti abiotiche del territorio sono
disciplinate con provvedimenti e politiche che riguardano separatamente le diverse
componenti: l’acqua, l’aria, il rumore, il suolo, l’energia, i rifiuti, le cave.
Ciascun settore è rigidamente separato dagli altri ed è regolamentato da più
provvedimenti, emanati in periodi diversi. Inoltre, all’interno di ciascun settore, si deve
sottolineare la scarsità ed arretratezza delle leggi cornice a cui fa da contrappunto una
cospicua produzione di provvedimenti di carattere parziale. Nei primi anni Ottanta si è
calcolato che fossero vigenti, fra leggi e decreti, 535 provvedimenti di livello statale e
circa 1500 leggi regionali aventi una qualche rilevanza ambientale e infine che in
parlamento giacessero 146 proposte di legge1. Sicuramente esiste un problema
determinato dalla sovrapproduzione di leggi statali e regionali. Ciò è ancora più grave in
quanto all’elevato numero di provvedimenti
Le tipologie di prescrizioni fornite dalle leggi settoriali sono essenzialmente di due tipi.
Da un lato vengono imposti alcuni standard di qualità da rispettare, generalmente di
derivazione sanitaria, finalizzati più che altro alla tutela della salute pubblica. Dall’altro
lato vengono previsti piani settoriali. Il raccordo con la pianificazione generale non è
mai indicato esplicitamente.
Per il respiro dei contenuti e per le importanti ricadute nel campo della pianificazione
urbanistica merita invece uno specifico approfondimento la legge 18 maggio 1989,
n.183 “Norme per il riassetto riorganizzativo e funzionale della difesa del suolo”,
poiché attraverso questo provvedimento si introduce il problema della ricomposizione
della tutela dell’integrità fisica del territorio, almeno per ciò che attiene agli aspetti
idrogeologici.
La legge viene approvata dopo venti anni di dibattiti. Essa ha come finalità (articolo 1)
quella di
assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio
idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi
connessi.
La legge individua, come unità territoriale fondamentale, il bacino idrografico, cioè
quel territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in
superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua, direttamente o a mezzo di affluenti, nonché
il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami
terminali con le foci in mare e il litorale marittimo prospiciente.
Per ciascuno dei bacini di livello nazionale e interregionale si prevede l’istituzione di un
ente, l’Autorità di bacino, a cui vengono affidate le competenze di conoscenza,
pianificazione e gestione dei territori ricadenti nei bacini idrografici per ciò che attiene
1 A. Postiglione, Manuale dell’Ambiente, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1986. Si veda anche: P. G.
Cannata, Governo dei bacini idrografici, Etas Libri, Milano 1994.
agli aspetti idrogeologici. Per i bacini interamente ricadenti nel territorio di un unica
regione le competenze dell’autorità di bacino sono assunte dalla Regione.
Lo strumento operativo per il conseguimento delle finalità della legge è il piano di
bacino; attraverso questo strumento devono essere definite le prescrizioni e individuate
le azioni concrete volte alla conservazione, alla difesa e valorizzazione del suolo e alla
corretta utilizzazione delle acque. (Ministero dell’Ambiente, 1992).
I piani di bacino, che la legge definisce come “piani territoriali di settore”, prevalgono,
per gli aspetti di competenza della legge, sia sugli strumenti di pianificazione generale
che su quelli di pianificazione settoriale. Per questo viene esplicitamente previsto le
autorità competenti provvedano, in seguito all’approvazione dei piani di bacino,
all’adeguamento a questi dei piani vigenti in materia di risanamento delle acque,
smaltimento dei rifiuti, di bonifica, di risanamento delle aree contaminate, di
disinquinamento, nonché dei piani paesistici previsti dalla legge 431/1985.
Tra gli obbiettivi principali della legge c’è quindi il coordinamento più generale di tutte
le attività volte alla tutela delle componenti abiotiche dell’ambiente, secondo una
corretta logica sistemica. Ciò avviene attraverso l’analisi delle interrelazioni fra acque,
suoli, difesa e tutela, osservate all’interno dello spazio in cui esse si manifestano, i
bacini idrografici. Sulla base delle indicazioni emerse il piano di bacino può dettare le
condizioni alle trasformazioni fisiche, alle utilizzazioni della risorsa “suolo” intesa nella
accezione estesa fornita dalla legge2; cosicché il piano ha la facoltà di regolamentare,
per questo specifico aspetto, l’insieme delle attività che si svolgono sul territorio.
La scelta del bacino idrografico come unità territoriale di riferimento dipende dal fatto
che il provvedimento è volto, principalmente, alla considerazione degli aspetti
idrogeologici. Tutto ciò che attiene alle rimanenti componenti abiotiche dell’ambiente
rimane perciò sullo sfondo. L’attività di tutela dell’ambiente dovrebbe essere integrata
da altri provvedimenti, aventi un medesimo carattere intersettoriale, relativi all’aria e
all’energia, in grado di affrontare problematiche quali la diffusione dell’inquinamento
nell’atmosfera oppure lo sfruttamento delle fonti energetiche, non riferibili agevolmente
a porzioni definite del territorio.
2 La definizione di suolo contenuta nella legge (articolo 1) è la seguente: “Ai fini della presente legge si
intende per suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali”.

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Data
domenica, 13 novembre 2011

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