Sarzana, che Botta!

« Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. »

Margaret Mead


Dalla tragedia una nuova coscienza del territorio

di Silvano D’Alto

Questi tragici momenti per la Riviera, la Val di Vara e la Val di Magra ci obbligano ad assumere come obiettivo fondamentale la costruzione di una nuova  “coscienza” del territorio”.

Quel che rimane del Ponte della Colombiera

Quel che rimane del Ponte della Colombiera

I vantaggi e i danni gravissimi di una politica di non governo del territorio ci stanno davanti. Non si tratta solo di cambiamento climatico ma di mancanza di lungimiranza e di senso di ciò che dovremmo considerare il più grande dei beni comuni: l’equilibrio dell’ecosistema, come comunità di organismi ed elementi della quale fa parte l’uomo con la sua cultura e i suoi insediamenti. Si guarda al presente, ai profitti immediati e non si capisce che le conseguenze delle attuali cattive politiche di cementificazione, tramite lottizzazioni ed edificazioni sparse, hanno implicazioni alle spalle delle aree costiere: perché i capitali e gli interessi sono tutti concentrati sulle speculazioni al confine tra acqua e terra. Il crollo del Ponte della Colombiera è l’evento iceberg che nasconde la montagna di forze distruttive del nostro territorio.

La Magra è il cuore liquido, l’elemento vitale della Val di Magra, della sua storia, della sua agricoltura e delle sue comunità. Occorre accettare il fiume, il suo senso della vita che scorre e che ci avvolge: sta a noi rendercelo nuovamente amico. Non ci spaventano i rifiuti sul fiume, ma il rifiuto del fiume come ci ricordava Simona Giorgi (qui), citando l’incontro pubblico (con poche persone) dello scrittore Maggiani. Ritroviamo il rapporto di storia, di cultura, di comunità tra il fiume e la città di Sarzana, tra il fiume e la campagna, tra il fiume e la urbanizzazione diffusa della piana. E cancelliamo senza esitazione la macro-darsena del progetto Marinella, ora che abbiamo definitivamente capito che le sponde vanno rinaturalizzate e non cementificate e che i danni della edificazione sbagliata, privatizzante e arrogante, ricadrebbero sulle comunità che di quei beni non potrebbero fare uso come un diritto al bene comune, al senso della città e alla uguaglianza di tutti i cittadini, senza privilegi.

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Data
venerdì, 28 ottobre 2011

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1 commenti per “Dalla tragedia una nuova coscienza del territorio”


  1. Francesco says:

    il primissimo banco di prova per capire se dalla tragedia di questi giorni qualcuno riuscira’ a trarre saggezza e’ il fare o non fare l’outlet di brugnato… ma non ci spero che si ravvedano…



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