Toscana, lo “sviluppo” sono le grandi opere. Anche inutili. Qualità della vita addio
Anche la Toscana ha la sua (mini) Legge Obiettivo
Data di pubblicazione: 12.09.2011 -Autore Paolo Baldeschi
Anche la Toscana si dà da fare per lo sviluppo. Il primo agosto il Consiglio regionale ha approvato la legge 35
Anche la Toscana si dà da fare per lo sviluppo. Il primo agosto il Consiglio regionale ha approvato la legge 35, “Misure di accelerazione per la realizzazione delle opere pubbliche di interesse strategico regionale e per la realizzazione di opere private”. Opere per cui la Regione ha predisposto un percorso agevolato che, utilizzando l’istituto degli accordi di programma, permetterà la variazione contestuale degli strumenti urbanistici delle amministrazioni interessate e una compressione dell’iter di pubblicizzazione, osservazioni comprese. E se qualcuno si opponesse, ad esempio un Comune che non volesse un inceneritore, una discarica o una bretella stradale, si rassegni. La legge ne prevede il commissariamento ad hoc se la maggior parte degli enti coinvolti è d’accordo sulla realizzazione dell’opera (che sul territorio del vicino fa meno male). Ma quali sono le opere strategiche?
Quelle per cui il finanziamento regionale supera il 50% e quelle che la Regione, ‘in via straordinaria’, deciderà essere tali: cioè potenzialmente tutte e a discrezione. Non basta: a questa ‘accelerazione’ partecipano anche i privati; anzi, in un tempo di tagli agli stanziamenti pubblici, sono i privati che possono diventare i protagonisti del gioco quando propongano l’insediamento di medie e grandi imprese industriali, di impianti di smaltimento dei rifiuti o di fonti rinnovabili di energia, il business più lucroso e più inquinato (in vari sensi) dell’attuale fase economica. La legge 35/2011 rappresenta il totale stravolgimento di quanto era stato approvato nel novembre del 2010 in sede di Giunta regionale: qui le opere strategiche erano quelle “essenziali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo socio-economico e di qualità della vita, del territorio e dell’ambiente definiti nel programma regionale di sviluppo” e dovevano essere coerenti al Piano di indirizzo territoriale, vale a dire al piano paesaggistico. Gli accordi di programma, ove necessari, rimanevano disciplinati secondo la normativa preesistente e non era previsto alcun ruolo proponente dell’iniziativa privata.
Perché una legge di razionalizzazione dell’intervento regionale nelle infrastrutture si è trasformata in una mini legge-obiettivo?. La prima risposta è che, evidentemente, esiste uno scollamento tra una Giunta in cui soffia qualche vento di novità verso un modello di sviluppo sostenibile e un Consiglio ancora – maggioranza e opposizione – proiettato sulle grandi opere, le piattaforme logistiche, i porti, le bretelle, i sotto-attraversamenti. D’altronde c’è poco da stupirsi: questa schizofrenia, non fa che ribadire il peso minoritario di una sinistra (da cui non sono escluse parti del PD) diversa rispetto agli apparato correntizi che prosperano nella collusione fra gli interessi di potere (si fa fatica a chiamarli politici) e quelli di un’imprenditoria oligopolistica e garantita
In cui siedono allo stesso tavolo Impregilo, Ligresti, Zunino, cooperative rosse e simili capitani industriali, con alle spalle le banche, fra cui spicca quella ‘rossa’, il Monte dei Paschi di Siena, anch’esse con rischi nulli (paga lo Stato) e guadagni garantiti. In cui la regia è condotta, in pieno conflitto di interessi, da politici come Riccardo Conti, responsabile nazionale del PD nel settore trasporti, consigliere d’amministrazione del fondo privato F2ì specializzato in investimenti in infrastrutture e della controllata G6 Rete Gas, ‘delegato’ del Monte dei Paschi e da Antonio Bargone, già uomo chiave del partito, legato a D’Alema, presidente della Società Autostrada Tirrenica e commissario straordinario di sé stesso per nomina governativa. Il tutto nell’illusione di risolvere con scorciatoie amministrative ciò che richiederebbe innanzitutto buona politica, comunicazione e partecipazione.
Un’ultima, ma non secondaria annotazione. Cosa succederà quando un accordo di programma confliggerà con un’invariante strutturale stabilita nel piano paesaggistico: prevarrà la legge nazionale o quella toscana? O si troverà un compromesso variando e deperimetrando. E, a questo punto, per dare un’ulteriore accelerazione, tanto vale abolire la legge toscana sulla partecipazione. Lo sviluppo non può attendere.