Sarzana, l’Ndrangheta inquina la politica. L’atto d’accusa dei giudici antimafia
di Carlo Ruocco
Le infiltrazioni della malavita organizzata calabrese hanno inquinato la politica sarzanese. Non usiamo il condizionale, perché il voto di scambio a Sarzana tra politici o aspiranti tali e i vertici della ‘Ndrangheta non è più una semplice “ipotesi di lavoro” per un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia, ma è un’accusa precisa. L’aver ostacolato il libero esercizio del voto, aver procurato a sé e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando le preferenze su candidati vicini all’organizzazione mafiosa, è una delle accuse che il Gip di Genova ha formulato nei confronti di Antonio Romeo, sarzanese, indicato come un “Capo dei Capi” dell’organizzazione criminale calabrese in Liguria. Il giudice delle indagini preliminari ha fatto proprio l’impianto accusatorio della Procura distrettuale antimafia.
“La decisione di divulgare sul sito del Comitato il contenuto dell’ordinanza del gip di Genova relativa a un’inchiesta di ‘ndrangheta, che ha coinvolto la nostra città, peraltro già segnalata come zona di infiltrazioni mafiose dalla Commissione Parlamentare antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia, è una scelta di impegno civile sul fronte della lotta alle organizzazioni criminali, che deve vedere impegnati tutti i cittadini. Per quanto riguarda l’azione del Comitato Sarzana, che botta! e di tutti coloro che hanno a cuore la legalità in campo urbanistico, dove notoriamente le mafie reinvestono pesantemente i loro proventi dai traffici illeciti, l’atto di accusa della Procura deve spingere a richiedere maggiore trasparenza sulle scelte, che vengono effettuate sul territorio, e maggiore vigilanza”.
L’accusa è contenuta nell’ordine di custodia cautelare che ha portato in carcere un mese fa lo stesso Antonio Romeo e altre 16 persone. E’ dettagliata a pagina 4 al paragrafo D) dell’ordinanza, sotto il titolo “LOCALE DI SARZANA”. Antonio Romeo viene indicato come uno dei capi e organizzatori del sodalizio criminoso, che assumevano le decisioni più rilevanti, impartendo disposizioni e comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati.
A Romeo viene contestata una serie di reati comuni gravi in materia di armi, esplosivi, munizionamento, reati contro il patrimonio e la vita e l’incolumità individuale con attività di usura, di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, il riciclaggio di denaro sporco attraverso l’intestazione fittizia di beni a persone insospettabili, il favoreggiamento di latitanti. Accuse pesanti che hanno avuto grande rilievo sugli organi d’informazione.
Ma un paragrafo, passato in sordina, è dedicato al cosiddetto voto di scambio, un tipo di reato che di solito si pensa riferito all’attività politica nelle regioni meridionali, dove le mafie la fanno da padrone. Invece sentite cosa ascrive a Romeo il giudice dell’indagine preliminare al termine dell’inchiesta condotta dalla Procura distrettuale antimafia della Liguria con l’ausilio dei reparti speciali di carabinieri, polizia e guardia di finanza: “Ostacolare il libero esercizio del voto, procurare – a se e ad altri – voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità”.
Il tutto condito dalla contestazione di un’aggravante che fa accaponare la pelle: di essere l’associazione armata.
Quando sono state consumate queste “azioni criminose”? Scrive il giudice: nel periodo antecedente e successivo al 30 agosto 2009.
L’ordinanza di custodia cautelare a carico di Romeo e altre 16 persone non indica chi sono stati o sono i politici “beneficiati” dai voti di ‘ndrangheta. Trattandosi di un atto d’indagine preliminare, non è un verdetto di condanna, una verità consacrata dai tre gradi di giudizio. Resta il fatto grave che una Procura distrettuale antimafia indichi Sarzana come luogo di inquinamento mafioso della politica.
Volevo dare una notizia di oggi, che spero renderete pubblica con pari risalto alla precedente vostra, di andrangheta a Sarzana non c’è n’è, così hanno deciso i giudici che hanno smontato pezzo per pezzo l’indagine dei ROS che portò all’arresto di una decina di persone, tra i quali un sarzanese, assolvendoli tutti con la formula più ampia “pechè il fatto non sussiste”. Una bella notizia per la nostra città che sembrava adombrata, secondo voi, da losche figure.
Signor Alfonso, non abbiamo tanto potere da “adombrare” la presenza di losche figure a Sarzana. Se lo facessimo, ci arriverebbero mille querele. Sono stati la Direzione distrettuale antimafia e i Ros dei Carabinieri ad “adombrare”. E il nuovo procuratore capo di Genova Michele Di Lecce ha deciso di impugnare la sentenza assolutoria in appello. La sentenza comunque dice che non ci sono prove che quelle 10 persone facciano parte dell’associazione mafiosa ‘ndrangheta. Non vuol dire che DDA e ROS siano visionari e che la ‘ndrangheta in Liguria non operi. Le consiglio prudenza, ricordando le sventurate dichiarazioni di politici leghisti lombardi (compreso un ex ministro dell’Interno). Anche in Sicilia negli anni Ottanta i politici (e i giornalisti) dicevano che la mafia non esisteva, corroborati dalle 114 assoluzioni del primo maxiprocesso. Il Comitato “Sarzana, che botta!” concorda con i giovani di Libera: non abbassare la guardia. Sono sicuro che concordi anche lei.