Perché non vogliamo bene al fiume? Lo chiede lo scrittore Maurizio Maggiani
“Il fiume Magra: il mio fiume, il fiume di tutti”. Era il titolo dell’incontro con lo scrittore Maurizio Maggiani, organizzato da Gianni Torri, assessore all’ambiente del Comunedi Ameglia, svoltosi a Fiumaretta il 10 Settembre scorso.
Ne pubblichiamo il resoconto
di Simona Giorgi
E’ stato come tutti gli incontri con Maggiani “istruttivo”, non solo per il contenuto del suo messaggio, ma anche per la forma in cui si è svolto: dove per forma intendo la partecipazione nulla, o quasi, di amministratori, politici e popolazione varia.
Modesta partecipazione, per la maggior parte turisti, frequentatori ricorrenti di Bocca di Magra e Fiumaretta, qualche componente delle fila del Sel, un paio di aderenti del Comitato “Sarzana, che Botta!” e altrettanti di Italia Nostra, alcuni cittadini amanti della lettura e del ben-essere.
La suggestiva cornice delle foce del Magra era gravata dalla presenza di enormi cubi di grigio cemento, lasciati lì a ricordare le ultime rovinose esondazioni del fiume nella speranza che prevengano quelle future..
Ed è del fiume che oggi si parla, del nostro rapporto con lui e la nostra terra.
Maggiani, a ritroso nella sua fanciullezza, rivede dapprima il canale e successivamente il fiume, tanto grande agli occhi di un ragazzo da suscitare timore e muta reverenza. Non era facile prendere confidenza con tanta acqua. Questa immagine richiama alla sua mente un poemetto scritto da Vittorio Sereni intitolato “Un posto di vacanza”, nel quale il poeta nominava il fiume al femminile, la Magra, e nel contempo lo definiva “un bel fiume negro d’America” quasi fosse il Mississippi.
Ora Maurizio Maggiani percorre abitualmente i sentieri tracciati sulle sponde del fiume. Da tre anni lo frequenta abitualmente osservando e soffermando lo sguardo su tanta bellezza, ma ahimè, anche su tanta desolazione. Non considera la sporcizia e il degrado semplicemente come elementi da rimuovere, ma nel significato più profondo di rifiuto: rifiuto del fiume da parte di una comunità che lo ha abbandonato e nascosto, quasi fosse una vergogna.
Quando poi si imbatte nei cartelli riportanti la scritta “Parco”, allora, più stridente appare la contraddizione.
“Perché non vogliamo bene al nostro fiume?”. “Perché rifiutiamo di dare un po’ di umana bellezza alla bellezza naturale?”
E la bellezza “badate bene – dice Maggiani – non è un lusso, ma una necessità”.
Procede su questo tema il racconto accorato e puntuale dello scrittore, permettendoci di scoprire le radici comuni di un vissuto che ha avuto come scenario un mondo contadino ormai quasi del tutto scomparso. Il contadino che si prendeva cura della propria terra in filari precisi e ordinati, in canalizzazioni irrigue sapientemente dislocate, sapeva di poter ricevere dalla terra una ricompensa che era duplice: estetica e materiale. Alla bellezza paesaggistica che ne derivava, corrispondeva strettamente la bontà dei prodotti.
E’ da qui che dovremmo ripartire: da quelle tracce ancora ravvisabili di quell’economia contadina basata su una vera e propria geografia idrica che faceva bellezza. Dal fiume, tremendo e vivificante, che crea paesaggio e invoca rispettosa cura.
La grande iattura del fiume Magra è stata ed è la nautica! prima della nautica furono le escavazioni (1954 – 1982 data di nascita del vecchio Parco Fluviale della Magra), che oltre a devastare l’ecosistema e il Paesaggio, permisero di rendere navigabile il fiume ben oltre le sue possibilità naturali.
Se tra il ponte della Colombiera e la foce, la nautica rappresenta un onorevole compromesso tra uomo e natura, vista la vocazione in tale area dello spazio fluviale all’attività diportistica, la presenza della nautica sopra al ponte è solo un elemento di devastazione e di degrado pesaggistico e naturalistico.
Se la presenza di darsene e rimessaggi è l’elemento di maggior degrado ecologico, che non si riesce a risolvere nemmeno spostando anche solo i rimessaggi presenti sopra la linea di navigabilità (sita già ben 2 km. sopra il ponte dela Colombiera!)sicuramente la presenza di tre cantieri rappresenta il maggior pugno nell’occhio da un punto di vista paesaggistico, anche se bisogna dire che pure dal punto di vista ambientale sono dei siti circoscritti, ma di degrado assoluto.
Quando ero Consigliere del Parco (2001) votammo per il loro mantenimento nel Parco, perché non si sapeva dove ricollocarli e tuttora sfamano diverse centinaia di famiglie, ma oggi, che con la crisi e il ridimensionamento del Militare, nel Golfo si aprono buchi enormi nel tessuto industriale, la possibilità di ricollocarli a basso costo esiste (oltretutto sono irrimediabilmente esposti alle piene alluvionali del fiume, e la stessa CGIL ha proposto la ricollocazione di Intermnarine nelle aree che si libererebbero in Arsenale), ma i Comuni di Sarzana e Amegli si mettono di traverso per paura di perdere tessuto produttivo (Ameglia ha dato nelle mani dei Cantieri San Lorenzo i destini di quell’aberrazione che è l’erigenda Area Artigianale D2 a Camisano, dove si è distrutta un’area dal grande potenziale agrituristico, quindi ecosostenibile, ai confini del Parco), senza tenere conto che comunque lo stesso si riformerebbe, con maggiori potenziali, in un’area, quella sì vocata, come il Golfo Della Spezia: ma si sa l’infinita e sorda guerra fredda politica, interna al Partito i maggioranza, tra La Spezia e Sarzana, vuole le sue vittime… e fiume e Parco sono tra quelle!