Sarzana, che Botta!

« Il fine di ogni associazione è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo: libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione »

Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789


Radereste al suolo questa palestra? Ecco perché difendiamo l’ex mercato

scuola_ballo_mindi Carlo Ruocco

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Guardate questa palestra.

La palestra della scuola di danza di Lucia Boschi

La palestra della scuola di danza di Lucia Boschi

Pensate alla carenza di strutture sportive a Sarzana.
Foste l’amministrazione comunale, che già dovrà addossare ai  contribuenti settecento mila euro dei campi sportivi del Luperi che la Sarzanese non ha pagato, demolireste questa palestra? E sapendo che è stata ricavata all’interno dell’ex mercato di piazza Terzi col costo di settanta mila euro, sareste ancora così convinti di radere al suolo l’unica grande opera pubblica del dopoguerra, firmata dall’unico grande architetto razionalista spezzino?
E se vi dicessero che quella palestra non è stata realizzata con soldi pubblici, ma da una privata cittadina,  Lucia Boschi, che ha investito in una scuola di danza che famosa in Italia e in Europa?

L'ingresso della palestra nell'ex mercato

L'ingresso della palestra nell'ex mercato

E se vi dicessero che in quello stesso immobile si potrebbero realizzare ancora tante altre cose, palestre e vere sale per fare musica, perché venti anni orsono l’amministrazione sarzanese, guidata da altri sindaci più avveduti (Renato Di Casale e Lorenzo Forcieri), decise che quel bene pubblico, vanto della rinascita di Sarzana del dopoguerra sotto la guida di Paolino Ranieri, andava recuperato a usi sociali, come chiedevano Verdi e Indipendenti di Sinistra e un assessore alla Cultura degno di questo nome (Amilcare Grassi, detto Celè) e vi investì circa seicento mila euro (valore d’oggi) per il recupero statico, sareste ancora convinti di buttarlo giù, calcellando un altro pezzo di storia?
Certo a vederlo da fuori, così fatiscente, cadente a pezzi, con quel color grigio cemento segnato dal nero della pioggia, vien da dire: cosa aspettano a tirarlo giù? E proprio su questo “effetto repulsione” ha puntato l’amministrazione comunale per decretare con la complicità della Soprintendenza (la stessa che ha chiuso gli occhi su tanti scempi nel centro storico) la morte dell’ex mercato ortofrutticolo.

Il mercato di piazza Terzi negli anni Cinquanta

Il mercato di piazza Terzi negli anni Cinquanta

Ma proprio per la storia che rappresenta (i sacrifici della città contadina e la lungimiranza dei politici del dopoguerra), per la duttilità architettonica che l’edificio disegnato da Cesare Galeazzi ha dimostrato piegandosi ad altri mille impieghi, il Comitato Sarzana che botta! ha deciso di continuare la battaglia, sperando che altri cittadini e gruppi si associno, sfidando l’impopolarità. Ci siamo sentiti dire: ma chi siete voi per dire che è una struttura ancora valida? A parte che lo hanno detto da due diversi punti di vista due valenti docenti universitari, Silvano D’Alto (architetto e sociologo urbano rurale) e Pietro Ruschi (restauro architettonico). Ma soprattutto lo ha certificato la prima giunta guidata da Massimo Caleo e un consiglio comunale in cui erano presenti almeno quattro degli attuali assessori (Bottiglioni, Pratici, Baudone – presidente commissione territorio- e Pittiglio). Nel giugno 2005 hanno approvato un documento urbanistico, redatto da Luigi Piarulli, in cui si ridisegnava tutta l’area piazza Terzi – ferrovia, in cui si legge testualmente:

< Ancora prima di entrare nel merito della definitiva perimetrazione di STU occorre , con riferimento alle aree di Proprietà comunale e a quelle Ferroviarie, assumere come vincolo di fondo l’esistenza del centro Polivalente alloggiato nell’ex-Mercato. Il successo e la persistenza delle attività svolte , la particolare adattabilità della tipologia dell’ex mercato ai differenti usi che di volta in volta le associazioni hanno saputo inventare, le risorse investite e quelle già programmate sconsigliano la demolizione prevista dal Piano >.
La giunta Caleo e il consiglio comunale ci credevano così tanto da investirci altri 72 mila euro in progettazione. Con questi motivi abbiamo integrato il ricorso al Ministero dei Beni culturali.

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Data
domenica, 29 maggio 2011

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