Sarzana, che Botta!

« È anzitutto alla casa di abitazione che occorre rivolgere la massima cura. Se gli uomini vivessero veramente da uomini, le loro case sarebbero dei templi »

Mario Botta, citando Ruskin


Il Festival e la realtà, tutt’altra musica

Pubblichiamo l’articolo sul Festival della Mente e il contesto territoriale scritto da Carlo Ruocco per il prestigioso sito di architettura “Eddyburg” diretto dal professor Edoardo Salzano.

Sarzana, un Festival della Mente per nascondere la devastazione del paesaggio di Luni

Data di pubblicazione: 31.08.2010

Autore: Ruocco, Carlo

La presentazione dell’iniziativa e la denuncia di due operazioni speculative nel nome dello “sviluppo”. Scritto per Eddyburg, 31 agosto 2010 (m.p.g.)

Si è affermato negli anni come uno degli appuntamenti “cult” dell’estate italiana. Ma il Festival della Mente di Sarzana, giunto alla settima edizione, rischia di diventare un simbolo della divaricazione tra cultura e “politica del fare” soprattutto per quanto concerne ambiente, paesaggio, territorio, quasi una sottolineatura dell’inutilità della cultura nell’epoca del Mercato. A tenere la “lectio magistralis”, che tradizionalmente inaugura il Festival, è chiamato Salvatore Settis. Il titolo: “Paesaggio come bene comune, bellezza e potere”.treviso

Il professor Settis parlerà in una città e in un’area, quella apuano-lunense, a cui la “politica del fare” sta cambiando radicalmente volto con buona pace del paesaggio, del consumo di territorio, della tutela del patrimonio archeologico, naturale, antropologico, in cui il “Mercato” e soprattutto la “Rendita” sono i moloch sul cui altare sacrificare ogni scelta di amministrazioni da sempre guidate dalla sinistra. Tre varianti (1 Marinella2 Botta3 Tavolara) a strumenti urbanistici, stanno per riversare tra Sarzana e la piana dell’antica Luni e del basso corso della Magra 230 mila metri quadrati di seconde case, centri benessere, capannoni artigianali, centri commerciali, strutture balneari e albeghiere, a cui andranno ad aggiungersi due porti turistici lungo le verdi sponde della Magra per ospitare mille barche il tutto arricchito da arginature alte tre o cinque metri per contenere esondazioni sempre più frequenti.

Settis svolgerà la sua appassionata arringa in difesa del paesaggio italiano di fronte alla platea raffinata del festival e al sindaco di Sarzana Massimo Caleo, un teorico locale del teorema cemento = sviluppo = occupazione. Mentre il Festival della Mente celebrerà l’unicità del paesaggio italiano, un geologo sarà al lavoro per preparare gli studi geotecnici del “Piano Botta”, una variante al piano regolatore del 1994, firmata dall’archistar Mario Botta e approvata nei giorni scorsi dalla Provincia. Botta ha disegnato una Sarzana in mattoncini a vista su un’area di sessantaduemila metri quadrati, una “Sarzana Due” a meno di trecento metri dal centro storico medievale e rinascimentale tutt’affatto diversa nelle tipologie architettoniche, dai colori del paesaggio ligure. Oltre quarantasettemila metri quadrati di nuove superfici residenziali, commerciali, ricettive, di terziario privato e pubblico, in larga parte previste dal PRG del 1994, ma solo in minima parte realizzate. Proprio la mancata realizzazione in un arco di tre lustri avrebbe dovuto suggerire una rivisitazione del vecchio piano, rivedendo una previsione d’incremento demografico errata, riconsiderando una previsione di domanda che il Mercato non ha confermato neppure in anni di bolla speculativa.

L’Amministrazione, sollecitata da Unieco di Reggio Emilia, proprietaria dei terreni, il cui logo compare ormai in tutte le grandi operazioni cementizie dello spezzino, da Levanto a Lerici, a Sarzana, in una sorta di colonizzazione emiliana, ha proceduto a una rivisitazione del piano particolareggiato che garantisce la rendita, sventolando la parola d’ordine degli “inalienalibili diritti acquisiti” dei proprietari con buona pace delle sentenze del Consiglio di Stato.

Ha incaricato, ovviamente senza concorso, l’architetto Mario Botta, presentato dalle Coop e che per le Coop aveva redatto le prime bozze progettuali dei nuovi palazzi, che ridisegnavano il volto della città (tutte informazioni sfacciatamente messe nero su bianco nella delibera di incarico del 2007). Disegni dei palazzi già visibili nella brochure del Bilancio 2007 di Abitcoop Liguria quando erano ancora ignoti al consiglio comunale di Sarzana nel gennaio 2009. La Variante porta la dicitura “di iniziativa pubblica”!

Nella sua prima stesura il progetto prevedeva un grattacielo cilindrico alto 67 metri di mattoncini rossi. Nelle dichiarazioni del Maestro Botta doveva richiamare le torri dell’acqua del mantovano. Sarzana in provincia di Mantova….. Così la colonizzazione Unieco cambia il volto ligure di una città. Il progetto della torre è crollato sotto i colpi di un Comitato di cittadini. Il resto è rimasto, compresa l’assoluta mancanza di verde fruibile.

Come onestamente ammesso dallo stesso Botta “Con quelle volumetrie o si va in alto o si occupa ogni spazio orizzontale”. Ma la Rendita non consente di ridurre le volumetrie. Neppure se a suggerirlo pubblicamente al Principe è un Maestro dell’architettura.

Se Sarzana nel suo ingresso occidentale somiglierà a Treviso, a Sesto San Giovanni o a Lugano, poco importa. Millecento nuovi abitanti previsti, undicimila metri quadrati di superfici commerciali in una città che vanta il primato di ipermercati, undicimila metri quadrati di terziario, a Sarzana già oggi largamente invenduto. Conta il business da 160 milioni di euro.

C’è chi si chiede: chi acquisterà? Ed evoca preoccupato i dati del rapporto 2009 della Direzione nazionale antimafia che indica la Liguria e Sarzana come luogo di riciclaggio.

Mentre il “Piano Botta” muove i primi passi, i sindaci di Sarzana e Ameglia lanciano la crociata contro gli ambientalisti che, riuniti in un Coordinamento di associazioni e comitati, hanno dirottato la loro attenzione sulla più esaltante epopea del cemento, il Progetto Marinella. “Costoro si oppongono allo sviluppo, Si rischia di perdere un’occasione unica per mettere fine al degrado della zona”.

Promotrice del Progetto Marinella è la banca Monte dei Paschi, storica proprietaria di quasi tutti i terreni agricoli della bassa piana della Magra fino alle pendici del colle dei Cappuccini di Bocca di Magra. Acquisì quei terreni durante il fascismo per il fallimento di un ricco imprenditore del marmo, Fabricotti. Li acquisì come terreni agricoli, aspettando con la pazienza di una banca centenaria che la Dea Rendita desse i suoi frutti.

Il PRG di Sarzana del 1994 prevede solo interventi di ristrutturazione e recupero del vecchio borgo agricolo di Marinella. Troppo poco per le aspettative di Monte dei Paschi, che nel 1999 lancia il “Progetto unitario di Marinella”. Unitario perché comprende tutta la proprietà, che abbraccia i comuni di Sarzana e Ameglia. Nel tempo il progetto è cresciuto in concomitanza con l’avvento di Francesco Gaetano Caltagirone alla vicepresidenza della banca senese. Anche i partecipanti al progetto sono cresciuti, comprendendo l’immancabile Unieco, il Consorzio delle Cooperative di Produzione e lavoro emiliane, le società Condotte e Condotte Acque di Astaldi. Le cifre dell’affare parlano da sole e fanno impallidire il Piano Botta. 155 mila metri quadrati di edificato previsto, di cui quasi 87 mila di nuova edificazione. Un terzo della superficie è a destinazione residenziale in una Liguria a crescita zero. Anche il “commerciale” non scherza: 23 mila metri in un’area, secondo Confesercenti, già satura di ipermercati.

Gli amministratori di sinistra non se lo vogliono sentir ripetere: ma con il famigerato Piano casa di Berlusconi non avrebbero potuto prevedere neppure la metà di nuove edificazioni!

Non mancano neppure 7200 metri quadrati di stabilimenti balneari: tradotto significa privatizzazione del litorale, soggetto a forte erosione, oggi in parte libero e selvaggio, quindi “degradato”. Infine la ciliegina: il “polo nautico” nel Parco del fiume Magra con una prevista escavazione di milioni di metri cubi di inerti per far posto a circa mille attracchi.

Calcolare l’ammontare dell’operazione fa venire le vertigini a chi non si chiama Caltagirone. C’è chi azzarda 700 milioni di euro.

La lectio magistralis del professor Settis cadrà in questo contesto. A conferma che il Festival viene pensato a Milano. Sarzana lo ospita, perché è un evento che richiama pubblico e riflettori. Quindi denaro. Lo scorso anno lo sponsor, la Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, per voce del suo presidente Matteo Melley, ha posto la questione: non si può guardare solo alle ricadute economiche; occorre iniziare a valutare le ricadute culturali.

Ebbene una frase di Settis, scelta per la brochure del programma, sembra già un invito alla riflessione sul contesto: “Anche la devastazione del paesaggio italiano, a cui assistiamo oggi, è un prodotto culturale ed appartiene all’orizzonte che ci circonda. Chiediamoci perché. Chiediamoci se il paesaggio può tornare ad essere un bene comune e come questo può dipendere da noi”.

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Data
giovedì, 2 settembre 2010

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2 commenti per “Il Festival e la realtà, tutt’altra musica”


  1. beppe says:

    io attaccherei un volantino/manifesto con questo articolo sui muri del centro così il pubblico del Festival sarebbe informato su cosa si muove in realtà dietro alla facciata “dem” di sarzana
    ciao Beppe

  2. Daniela says:

    Questo scritto non fa che sostenere le mie personali intime supposizioni.In effetti il costruito della zona è già per larga parte invenduto, oppure peggio venduto a soggetti che in breve si sono ritrovati sommersi di debiti per pagare un acquisto non sostenuto da corrisponenti proventi economici. La presentazione del piano di Tavolara che purtroppo ho mancato, ha aggiunto perplessità e preoccupazione per il destino della nostra area fino ad oggi miracolosamente verdeggiante, ma che in breve non sarà dissimile dalla zona industriale di arcola e similari. Già i lavori di protezione del fiume Magra non mi sono andati molto a genio,poichè mi hanno fatto supporre che fossero state messe in sicurezza solo le aree utili a qualche secondario interesse,e la riflessione che l’importante è che si costruisca anche se l’esito dell’edificazione non è prevedibile, suggerisce ancora una volta che l’utile risiede nella vendita dei terreni e nell’impiego delle imprese costruttrici. Solo che mi manca la spiegazione finale. Dov’è il guadagno dei costruttori se , come si suppone, non si dovrebbero reperire compratori?



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