Sarzana, che Botta!

« Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. »

Margaret Mead


La Spezia, lottizzazione sul lungomare. Appello di D’Alto e Raggi

APPELLO PUBBLICO DI D’ALTO E RAGGI

Calata Paita era la grande occasione da cogliere per cominciare a dare forma e contenuti a quella idea di  città sul mare dove trovassero compimento i valori dello spazio pubblico, della varietà e bellezza della vita urbana, dove il senso della “città di tutti” prevalesse su ogni interesse particolare, egoistico privato e privatizzante. Il progetto della Calata Paita che le istituzioni pubbliche tendono a realizzare uccide qualunque idea di città sul mare. E’ un’area destinata ad una insensata speculazione edilizia, che non saprà tramandare alcuna idea di nuova città alle generazione future.

Abbiamo deciso  di esprimere la nostra indignazione e il nostro stupore per l’insensatezza di quel progetto, inaccettabile in ogni sua parte. Come primi firmatari del documento  che segue, ricco già di numerose e qualificate adesioni, lo proponiamo come appello al quale chiediamo l’adesione di tutti i cittadini che intendono opporsi a quelle scelte e credono utile avviare un dibattito aperto e leale sulla condizione complessiva degli spazi urbani per un nuova concezione del lungomare spezzino.

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Calata Paita: una ‘lottizzazione’ sul lungomare

Siamo un gruppo di cittadini che vogliono  esprimere il loro sconcerto per quanto sta accadendo nel progetto di riqualificazione e recupero della Calata Paita.

waterfront_area da riqualificare

l'area da riqualificare (immagine dal sito dell'Autorità Portuale)

Da un progetto vincitore di concorso, che si esaltava  in promesse di  novità di contenuti e di linguaggio, si è pervenuti ad un progetto in cui è difficile cogliere una idea urbana e urbanistica nuova: ma in cui è invece ben chiaro l’obiettivo di produrre una corposa lottizzazione in riva al mare. Cioè una esemplare speculazione edilizia, massimizzando la rendita edilizia e urbana, senza produrre alcuna idea  di nuova città, anzi: distruggendo storia, identità, valori, memoria di una città che vorrebbe essere davvero sul mare e proporsi come una perla urbana nel Golfo.

waterfront_palazzoni

(immagine dal sito dell'Autorità Portuale)

Il progetto della nuova Calata Paita si configura come previsione di alcuni macro edifici, disposti perpendicolarmente alla linea di costa, e di due grattacieli prospicienti al mare:  costruzioni che galleggiano su una ampia piattaforma che dilata – con un nuovo interramento – la Calata Paita e si protende, senza forma e senza misura, nel Golfo. La sistemazione a pettine degli edifici frantuma lo spazio unitario della Calata. Il potenziale innovativo, sia pure ampiamente problematico, del progetto vincitore si ridimensiona a mera proposta quantitativa. Il progetto vincente si  modellava sulla prassi, in apparenza vincente, di esempi di riqualificazione urbana spagnoli: oggi molto meno convincenti quanto a reale capacità innovativa e di produzione di nuovo paesaggio.

Un altro sbracamento nel mare, con copioso interramento, è previsto davanti alla passeggiata Morin. Questa, con il suo percorso rettilineo in faccia alla profondità del golfo – a far cogliere nel camminare  la misura di aperto orizzonte – è da sempre il segno simbolicamente più ricco di valori paesaggistici e urbani: sintetizza, proprio con il suo limite sul quale si adagia il fronte urbano, la forza e la bellezza della linea costa che si dispiega nei due rami, occidentale e orientale: a formare quell’arco costiero che è il raccogliersi corale di insenature, baie, piccoli promontori,  modesti insediamenti sul mare, del “Golfo dei poeti”. Passeggiata Morin è un luogo della storia urbana di Spezia che va compreso e difeso, non stravolto. È l’incipit di quella essenziale linea di costa che disegna il Golfo, una linea che il progetto vincente del Concorso non ha saputo, o non ha voluto, rispettare.

waterfront_interramento

(immagine dal sito dell'Autorità Portuale)

Chi conosce e ha praticato almeno qualche volta la  tradizionale passeggiata degli spezzini tra lungomare Morin e Molo Italia sa quanto sia importante svoltare nel Molo e avere il mare non più di fianco ma entrarvi, attivando quel senso paesaggistico del Golfo che si apre tra costa orientale e costa occidentale.

Il progetto non permette di leggere questa continuità di spazi e di vita, ma piuttosto suggerisce  la formazione di uno spazio che tende a separarsi dalla passeggiata – quasi introducendo una porta di ingresso – con un insieme di servizi di tipo privatistico: club nautico, circolo velico, wellness/spa. La continuità tra Lungomare e Molo, il suo senso di spazio pubblico – non basta consentirne l’accesso – è il valore di memoria collettiva e di identità urbana che va esaltato.

La nuova Calata Paita è un progetto da dimenticare, distrugge quello che vorrebbe costruire: il rapporto tra la città e il suo Golfo. La passeggiata Morin, con la sua storia e il suo potenziale di relazione storicamente praticato, già suggeriva la strada da imboccare. Si trattava di proseguirla per far nascere un nuovo lungomare, con nuova complessità organizzativa di servizi e di accoglienza urbana e turistica. Uno spazio dunque interamente dedicato alla città, cioè fatto di attrezzature e servizi per una nuova idea di città sul mare, concorrenziale e competitiva con altre città italiane ed europee. Doveva essere una grande idea urbana, di spazi pubblici e ad uso pubblico, dove la partnership pubblico-privato doveva incontrarsi per una idea della “città come la casa di tutti” (Salzano), “ luogo della  massima concentrazione delle energie e della cultura di una comunità” (Mumford).. Si può dire che ciò era nei pensieri e negli auspici non solo dei migliori cittadini ma negli impegni della stessa Amministrazione Comunale, quando, nel passato, era stata  politicamente decisa la separazione – in una sorta di grossolano baratto – tra aree destinate al Porto e aree destinate alla città. Consegnare alla città la Calata Paita era una sorta di parola d’ordine Ha prevalso un’altra idea: quella delle “mani sulla città”.

La palazzata di Corso Italia, con i suoi portici aveva già segnato il limite della città storica: bastava abbattere le recinzioni che separavano la città dalla Calata Paita  e aprire quegli spazi al mare: con innovazione creativa da parte di una politica lungimirante e culturalmente ben orientata a costruire un nuovo senso urbano. È  nato l’oblio della politica e la mercificazione del lungomare.

La nuova edificazione a blocchi pesanti separa, non unisce, la città al mare. Perché, per la sua impostazione ripetitiva replica l’edificato urbano esistente e lo separa come un tappo che cancella il rapporto col mare.  Orgogliosamente, ma banalmente, si sostituisce a quel confine. Si determina un dualismo tra passato urbano e nuovo progetto: non una continuità con la città per rigenerarla, ma una appropriazione, da parte di pochi, di uno spazio che doveva essere di tutti. Una rendita, di cui si dovrebbe capire chi se ne sta appropriando: se imprese, banche, gruppi di interesse e quant’altro. Una linea politica e urbanistica di mera riproduzione dell’esistente: non lo slancio nel futuro per una nuova idea di turismo, di cultura e di città. Perciò una storia che non si rinnova, ma ristagna in forme tradizionali e conservatrici di politica urbana.

Una appropriazione che contraddice ogni idea di autentica ‘sostenibilità’: che ha i suoi cardini concettuali  nella produzione di valori proiettati verso le generazioni future – perciò verso una nuova idea di città – e in un principio di uguaglianza dei cittadini.

Come costruire la relazione che connette e arricchisce di nuove energie la città, l’identità che  qualifica un nuovo senso urbano, la storia che non dimentica, sulla quale il futuro si appoggia ? Come costruire la nuova Calata Paita in modo coerente con una idea di città sul mare? L’identità di una città è processo in cui i cittadini si riconoscono come artefici di nuova vita urbana: ossia di un nuovo modo di percepirsi nello spazio urbano attraverso il progetto di riqualificazione: Quale percezione potranno avere di sé e del loro futuro, i cittadini della Spezia e i turisti che la visiteranno, se manca una idea innovativa di vita urbana?

Queste considerazioni portano ad  una conclusione molto semplice: che nella Calata Paita  si possono pensare solo servizi e attrezzature, escludendo abitazioni e alberghi, macrocondomini e grattacieli. Tutto questo non è irrealistico, se una grande città come Genova ha scelto proprio questa strada per intervenire sul suo waterfront: che dovrà costruire lo spazio di tutti, non una distribuzione di privilegi. Il nuovo Lido di Albaro – anzi tutta la costa che va da Piazza  Kennedy a Nervi – ha una destinazione a servizi e attrezzature nella partnership pubblico-privato, in cui il pubblico ha saputo indicare regole per una città aperta sul mare, senza smaccati privilegi e interessi  privatizzanti lo spazio del lungomare. Un ricatto da parte dell’iniziativa privata impostato sulla necessità di avere un’area di abitazioni o alberghi in posizione di assoluto privilegio – perché solo così si sarebbero potuto far quadrare i conti per costruire i nuovi spazi di vita collettiva – è caduto, perché hanno prevalso, dopo una fase di forte conflittualità cittadina e comunale, i valori d’uso su quelli di scambio: cioè sulla mercificazione, benché parziale,  del lungomare. Su una analoga linea di difesa di nuovi valori urbani è la prospettiva di riqualificazione di Ponte Parodi, un’area sul mare di forte memoria storica della città di Genova.

Che dire dunque delle ragioni che si portano a giustificare la speculazione urbana di Calata Paita con la costruzione della stazione Marittima?. Questa è di per sé una fonte di profitti e si giustifica come nuovo spazio urbano – al quale forze politiche e imprenditive, capitale pubblico e privato, devono concorrere – non come sottoprodotto della speculazione.

Infine una considerazione che è pregiudiziale ad ogni riflessione fin qui sviluppata. La riqualificazione della Calata Paita non si può pensare al di fuori di un piano unitario del lungomare urbano, che comprende la linea di costa da Canaletto-Fossamastra agli spazi dell’Arsenale, oggi sempre più frequentemente indicati come futura area urbana.  Solo questo atteggiamento a considerare l’unità del fronte a mare garantisce di uscire dal vicolo cieco della lottizzazione speculativa, con due operazioni successive di valorizzazione “immobiliare”. Si potranno così distribuire meglio, con un più ampio senso urbano, nuove funzioni e nuovi spazi urbani: per costruire  la nuova città, che ha bisogno in primo luogo  “del lavoro di pensare”, perché – come suggerisce Saramago – “senza idee non andiamo da nessuna parte”.

Arch.tti Silvano D’Alto e Renato Raggi

Aderiscono: Betty Scolari, Pino Lena, Stefania Novelli, Matteo Garbusi, Eleonora Morelli, Stefania Pironi, Piera Mugnaini, Ilario Bellati, Massimo Lombardi  (Laboratorio antirazzista e delle resistenze sociali), Andrea Monaci (avvocato), Maurizio Sergi (avvocato), Piera Steffanini, Paolo Pucci, Prof. Igor Bellati, Sandra Benacci, Stefano Novelli, Davide D’Imporzano (avvocato), Mohamed Lagbili (Presidente Ass. Cult.L’Incontro), Alberto Balderi, Sharif Amin

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Data
martedì, 13 luglio 2010

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