In libreria/ De Lucia: Le mie città. Riflessioni di un grande urbanista
da Eddyburg
Dalla frana di Agrigento della mattina del 19 luglio 1966, «lo stesso giorno in cui la nazionale italiana di calcio perse con la Corea del Nord», alla rovinosa ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto del 2009. Dai sogni del primo centrosinistra alle nefandezze del Piano Casa di Berlusconi. Dalla salvaguardia di Venezia all’impegno contro l’abusivismo nel Mezzogiorno. Nel suo ultimo libro, Le Mie Città. Mezzo secolo di urbanistica in Italia (Diabasis, pp.210 euro 18,00) l’urbanista Vezio De Lucia ripercorre cinquanta anni di storia della condizione urbana e del paesaggio in un perfetto mix tra battaglie per il rispetto della legalità e dell’interesse pubblico, ormai sacrificato sull’altare del “dio privato”. Così, Le Mie Città per alcune pagine può sembrare un libro di inchiesta urbanistica. Ma basta un inciso, un commento personale dell’autore, il racconto di un aneddoto, che si trasforma in un’appassionata autobiografia. Sempre molto documentata. Direttore generale dell’urbanistica al Ministero dei Lavori Pubblici; consigliere della Regione Lazio nelle fila del Pci; assessore all’urbanistica nella prima Giunta Bassolino; Consigliere nazionale di Italia Nostra. Vezio De Lucia è molto di più di un “semplice urbanista”: è politico, è funzionario, è attivista. Ma soprattutto ha attraversato cinquanta anni della storia urbanistica italiana, dai ministri dei Lavori Pubblici Fiorentino Sullo, Giacomo Mancini, Pietro Bucalossi, alla deriva dell’Italia berlusconiana. Da quando, con la legge del 1962 per l’acquisizione pubblica delle aree per l’edilizia popolare, gli standard urbanistici del 1968, la legge per la casa del 1971, la legge Bucalossi del 1977, era forte la «speranza che le cose potessero cambiare», fino ad arrivare ai disastri del disegno di legge Lupi in materia di governo del territorio e al “pianificar facendo”, colpo mortale per la pianificazione urbanistica, oggi trasformata nella “deroga come regola”.