Il Comitato spegne la prima candelina e accende la luce sul territorio e la sua storia
Sabato 6 febbraio il Comitato “Sarzana, che botta!” compie un anno. E si festeggia nel segno della lotta per la difesa del territorio e della sua storia, mettendo a punto con l’avvocato Mattia Crucioli il ricorso al Tar e sollevando davanti alla Soprintendenza il problema della salvaguardia del vecchio mercato ortofrutticolo, esempio di architettura razionalista del dopoguerra, destinato alla demolizione per far posto a due palazzoni di 4 piani lunghi sessanta metri!
L’appuntamento è al Loggiato Gemmi. Alle 17 di sabato per l’incontro dei cittadini con l’avvocato Crucioli; alle 20 per un incontro conviviale con musica.
Proprio il 6 febbraio 2009, infatti, si tenne la prima riunione nella sede dell’Arci in via Landinelli. Il sabato precedente, 31 gennaio, la commissione territorio aveva iniziato l’esame del progetto di Variante al piano particolareggiato di via Muccini con un calendario fitto di lavori per arrivare in tempi rapidi all’approvazione. Carlo Ruocco (attuale presidente del Comitato) rompe gli indugi e via mail convoca tutte le persone, che potevano essere sensibili alle sorti del territorio di Sarzana. Chiude il suo appello con un eloquente “Parlate ora o tacete per sempre”, per sottolineare l’urgenza della mobilitazione.
E il Comitato parte alla grande. I promotori sono poco più di una ventina. Ma con molte idee in testa. Ci sono i giovani, primo fra tutti Marco Bernardini, che pensano subito a Facebook, per diffondere il messaggio. Ovviamente si rivela una carta vincente, assieme alla creazione di un blog proposto da Laura e Luca Lazzarini (che oggi curano questo sito). Viene eletto un presidente provvisorio, Roberto Mazza, che resta …. provvisorio …. per tutto l’iter della pratica in Consiglio comunale. E viene scelto un nome, scherzando col cognome dell’archistar incaricata del progetto. E’ un “botta e risposta” tra Marco e suo padre Corrado, che porta a “Sarzana, che botta!”, che si rivela buono per tutte le devastanti scelte previste sul territorio della Val di Magra, dove il consumo di suolo negli ultimi venti anni è schizzato a ritmi vertiginosi.
Da quella prima riunione il Comitato è cresciuto, si è arricchito di varie professionalità (tra i primi aderenti l’ex procuratore della Repubblica Rodolfo Attinà, l’avvocato Rodolfo Furter), che hanno permesso di trattare il Piano Botta con serietà e competenza.
Il Comitato è stato accolto con comprensibile ostilità dall’Amministrazione, insofferente verso chi invoca trasparenza e muove critiche fondate non sull’ideologia ma su competenza tecnica.
Ed è stato accolto con diffidenza da larga parte delle forze politiche, sempre sospettose verso forme di aggregazione spontanea dei cittadini, che non ricadono sotto il loro controllo.
Due risultati il Comitato “Sarzana, che botta!” può dire di aver ottenuto.
1) Aver riportato l’attenzione dei cittadini sulle scelte urbanistiche, favorendo la conoscenza del Piano Botta e la partecipazione dei cittadini. Insomma quella che in Emilia si chiama “Urbanistica partecipata”. Ancora oggi il plastico realizzato per il Comitato dall’architetto Monica Boschi resta l’unico strumento in grado di far comprendere bene l’impatto dei palazzoni in mattoni rossi sul resto della città. Nei paesi europei di più lunga tradizione democratica, i plastici vengono prodotti dalle Amministrazioni o dai privati interessati.
2) Aver indicato un metodo di lavoro. L’organizzazione in gruppi, culturale, giuridico e tecnico, ha consentito di sviluppare un’analisi molto attenta del Piano e di tradurla in messaggi per la cittadinanza. E’ un metodo che implica fatica. La fatica di studiare le carte, di elaborare analisi, dedicando al Comitato buona parte del tempo libero di ognuno.
Le Osservazioni critiche al Piano Botta presentate in Consiglio comunale sono frutto di quel metodo. Snobbate dai politici, che faticano a leggere le carte, si stanno rivelando preziose per il ricorso al Tar. Questa è la battaglia che ora ci vede impegnati, estremo tentativo di scongiurare uno strappo urbanistico nel cuore della città, a bloccare un progetto devastante anche per la memoria e la cultura della città. Basti pensare alla sorte (la demolizione totale) decretata dal Piano per l’ex mercato ortofrutticolo, edificio di architettura razionalista, prima opera pubblica realizzata nel dopoguerra dal sindaco Paolino Ranieri. Cancellare la storia: è già successo con la Vetreria. Pochi sanno che era di epoca napoleonica e si estendeva lungo tutta via Muccini.
Pramsan Luneziano ci autorizza a pubblicare un suo commento apparso su Facebook:
A mio modesto avviso Sarzana rappresenta la capitale simbolica dell’area emiliano-lunense, essa dovrebbe rappresentare quindi il luogo ideale per sperimentare politiche urbanistiche sostenibili e avanzate. Spazio all’ambiente, alla vivibilità, al turismo, al commercio e alle fonti rinnovabili per l’energia cittadina. Luogo di idee e crocevia innnovativo di una periferia che vuole diventare centro. Un laboratorio di rinascita per l’intera comunità lunigianese e i territori che ad essa sono maggiormente legati. Se Lunezia aspira a diventare un ponte tra la pianura padana e il mare, Sarzana, come fu un tempo Luni, deve diventarne un pilastro simbolico d’eccellenza e stavolta….evitarne i saccheggi!