Sarzana, che Botta!

« Mi rivolto dunque siamo »

Albert Camus


Clamorosa conferma di Mario Botta

La torre? La mettiamo orizzontale”

torre orizzontaleAl Festival “Città e territorio” di Ferrara l’archistar ticinese ha parlato del progetto di Sarzana.
Ha criticato le volumetrie, frutto di scelte politiche, “che mettono in croce l’architetto, chiamato a trasformare i dati quantitativi in qualità architettonica”.
“A volte ci si riesce – ha detto – a volte è meglio rinunciare”.
E alla nostra domanda “Ma un Maestro dell’architettura non può dire agli amministratori: state sbagliando”?, la risposta è secca: “Credete che non l’abbia detto? L’ho detto più volte”.

Servizio a cura di Carlo Ruocco
Mario Botta sul palco di Ferrara illustra il suo progetto di Treviso.
Due palazzi sono a ponte.

Ferrara. 18 aprile. Sala estense del palazzo comunale. Le colonne neoclassiche, sormontate da capitelli, la struttura teatrale con tanto di palcoscenico, è l’ambiente giusto per ospitare un archistar. Mario Botta sul palco ha appena concluso la sua esposizione dei nove progetti realizzati nell’arco di anni in giro per il mondo. Il tema assegnatogli era “L’architettura e gli spazi pubblici”. L’architetto svizzero è uno dei tanti oratori, che hanno affollato le quattro giornate del Festival Città Territorio, alla seconda edizione nella splendida città romagnola, centro storico d’eccellenza, patrimonio dell’umanità per l’Unesco. Prima di lui, nei tre giorni di apertura, i mostri sacri dell’urbanistica europea, come Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, lo spagnolo Josep Maria Llop, il portoghese Joao Nunes, Bernardo Secchi hanno sviluppato il tema del coinvolgimento dei cittadini, delle associazioni di cittadini nel disegno delle città, nella ideazione degli spazi pubblici, pensati come l’anima dei centri urbani, luoghi nel quale società e città s’incontrano e generano comunità, come sono state nei secoli le nostre belle, ampie, soleggiate piazze.
L’urbanistica partecipata contrapposta all’urbanistica “contrattata” tra amministrazioni pubbliche e potenti gruppi privati, l’interesse dei cittadini prevalente sull’interesse privato, sono il filo conduttore del Festival in questa terra di Romagna che di rosso, evidentemente, non ha solo i mattoncini dei suoi antichi palazzi medievali, del Castello Estense, delle sue chiese.
Alle 20 e 30, conclusa la relazione, Botta si concede a qualche domanda. La prima a rompere il ghiaccio è una studentessa spezzina, Sara Dughetti, che studia all’università di Ferrara. Sara, che non fa mistero della sua adesione al Comitato “Sarzana, che Botta!”, chiede di farle comprendere, alla luce di quanto il Maestro ha esposto in conferenza, quale sia l’idea di creazione di spazio pubblico, che sta dietro al Piano di Sarzana.
Domanda molto pertinente (e anche un tantino impertinente!), perché il progetto di Sarzana non è neppure lontano parente dei nove progetti illustrati dall’architetto Botta in conferenza. Ovunque grandi spazi, proporzione con gli ambienti circostanti, attenzione al contesto, pur rimanendo sempre fedele al “mattoncino rosso” come pelle buona per tutte le stagioni, tutte le latitudini e longitudini. Mai una galleria coperta, incassata tra due “stecche” di quattro piani di mattoni rossi, spacciata come piazza.
L’archistar ha un momento d’incertezza. La prende alla larga. Smorza la portata del “progetto Sarzana”.
Mette subito le mani avanti. “Difficile parlare senza avere davanti il progetto”, esordisce.
E poi– si schermisce – non si tratta ancora di un progetto. Siamo ancora al plan mas. Un piano planivolumetrico, dove la parte essenziale dello spazio pubblico è il recupero dell’ex mercato, che diventa una piazza coperta. Attualmente stiamo lavorando, perché la prima ipotesi era quella di fare una torre per permettere un grande spazio libero come stazione degli autobus e che adesso stiamo rivedendo”.
E qui l’annuncio clamoroso: “Abbiamo preso la torre e invece di metterla in piedi l’abbiamo messa in orizzontale. Stiamo ancora elaborando questo progetto, ma il Piano di Sarzana è uno degli esempi classici di ricucitura del tessuto urbano, a cui è chiamato l’architetto contemporaneo. Noi dobbiamo correggere gli errori fatti nel passato e cerchiamo, là dove è possibile, di ricucire il tessuto per consolidare quelle parti che si ritengono importanti. E’ che a Sarzana c’è il grande taglio della ferrovia, l’asse viario d’ingresso alla città e così via. E poi si deve lavorare con quei quantitativi, che sono stati dati come scelte politiche. Per questo ogni tanto l’architetto viene messo in croce. Noi veniamo chiamati a dare forma a scelte politiche. Come nel caso di Treviso, l’appetito vien mangiando. Io a Treviso ho passato sette amministrazioni e ogni volta chiedono altri elementi. Il problema dell’architetto è di capire ogni volta se riesce ad avere la forza di trasformare questi dati quantitativi in qualità architettonica. Qualche volta ce la si fa e qualche altra volta è forse meglio rinunciare”.
Il dibattito prosegue per pochi minuti. La cena incombe. Ma l’occasione di confrontarsi faccia a faccia con il progettista di “Sarzana 2” è troppo forte.
All’uscita dalla Sala Estense Mario Botta si guarda attorno, quasi si aspettasse il secondo round. E, avvicinato, accetta molto affabilmente di rispondere ad alcune domande.
Professore, un architetto di fama mondiale, invece di farsi mettere in croce, non può spiegare all’Amministrazione di un piccolo comune che quei volumi sono eccessivi?
Più volte ho detto all’Amministrazione che quelle volumetrie sono esagerate. Cosa pensate che non gliel’abbia detto? Intanto però la torre non si fa più”.
Ma lei ha annunciato che la metterà in orizzontale. Scelta che potrebbe risultare altrettanto pesante.
Botta: “Si stanno studiando anche altre soluzioni”.
I palazzi d’ingresso alla città non sono uno scherzo ….
Botta: “Sono della stessa altezza dei palazzi attorno”.
Facciamo osservare che non è così.
Botta: “Mi dicono che sono le stesse altezze dei palazzi esistenti. Gli indici che mi hanno dato sono quelli. Comunque quelle sono le volumetrie che hanno assegnato ai privati. L’errore è di tanto tempo fa. L’ho fatto più volte notare all’Amministrazione, anche se sono convinto che è bene contenere il perimetro della città, non espanderla”.
Osserviamo che il tempo ha dimostrato che quegli indici, non fondati su studi demografici, erano sbagliati.
Botta: “Come fu redatto quel piano, come furono formulate quelle previsioni non lo so. Sono le scelte politiche di cui parlavo”.
Interviene la moglie. “Siamo offesi per l’articolo sull’Avvenire” (che potete leggere nel sito, n.d.r.).
Botta: “Sai come sono i giornalisti”.
A poca distanza alcuni amici dell’archistar fanno apprezzamenti sulla bellezza di Sarzana. Attendono il Maestro per la cena.
Botta si congeda: “Avremo modo di continuare il discorso. Magari a Sarzana”.
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Data
giovedì, 23 aprile 2009

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