I quattro punti di Fabrizio Dei
Abbiamo incontrato Fabrizio Dei (già allievo dell’Accademia di architettura di Mendrisio, scuola di cui l’arch. Mario Botta è animatore e insegnante) durante un meeting del Comitato con alcuni giovani architetti. In quell’occasione si era impegnato a mettere per iscritto le idee manifestate. Ecco il risultato:
Cari amici del Comitato “Sarzana, che Botta!”, vi invio come convenuto le mie osservazioni sul cosiddetto “progetto Botta”.
1. Il parcheggio. Concentrare centinaia di parcheggi nell’area di via del Murello significa sottoporre tutta la zona ad un traffico molto intenso. Il problema degli accessi, da quello che è dato vedere, non è ancora risolto. Che senso ha concentrare i parcheggi in un’unica area? In diverse città d’Europa, in Svizzera e anche da noi si vedono all’opera strategie che vanno in senso contrario. Le aree di parcheggio vengono diversificate e poste lungo il perimetro dell’area urbana. Oltre questo confine circolano solo i residenti e la mobilità è affidata al trasporto pubblico. La Commissione europea a Bruxelles ha presentato nel settembre 2007 un Libro verde dal titolo “Verso una nuova cultura della mobilità urbana” (reperibile in internet). In essa vi sono indicazioni importanti. Ne riporto alcune. I parcheggi nei centri delle città non devono essere troppi perché incentivano l’uso del mezzo privato. Non solo i divieti di accesso, ma anche le tariffe possono funzionare da regolatore: alte in centro, basse o assenti in periferia. Sono molto utili i “parcheggi di scambio” fra mezzo privato e pubblico situati ai margini dei centri storici. Il pedaggio urbano per non residenti introdotto in diverse città ha dato buoni risultati. Il numero dei posti liberi nei diversi parcheggi situati lungo il limite del centro storico possono essere indicati da segnali lungo le strade di accesso alla città o comunicati con il GPS. Perché non far lavorare ingegneri ed architetti locali ad un progetto del genere, complesso perché richiede grande conoscenza del territorio, ma utile?
2. La torre. Molte delle ragioni addotte per esprimere un parere negativo circa il progetto della torre sono già state espresse: è almeno tre volte più alta della media degli edifici del centro storico; è un “segno” di cui il nostro territorio non ha bisogno, avendone già tanti altri, ecc. Si intuisce l’idea che sta a monte di questo progetto: realizzare un edificio eccezionale, che faccia rumore, magari anche in polemica, ma l’importante è che se ne parli, perché la pubblicità è l’anima del commercio e l’edificio serve (servirebbe) a celebrare la vocazione commerciale della città. Gli esempi di “architetture-evento” sono numerosi, ma i più felici sono quelli che dialogano con il contesto. Molti hanno in mente la casa della musica di Renzo Piano a Roma, il museo Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry o la bella cattedrale di Evry dello stesso Mario Botta. Questi progetti, a parte le considerazioni sulle loro dimensioni, inferiori alla torre progettata per Sarzana, sono stati però realizzati in periferie inizialmente degradate e sono serviti a riqualificarle; non erano edifici del centro città. E le periferie hanno effettivamente tratto beneficio da quegli interventi, sono state provocate, hanno mosso investimenti, stimolato nuove idee urbanistiche e imprenditoriali. La torre in questione, per le dimensioni che ha, se posta in periferia può (potrebbe) indicare una nuova direzione dello sviluppo urbanistico della città di Sarzana. Posta in centro invece schiaccia tutto il resto. Non dialoga: annienta.
3. La vocazione commerciale di Sarzana. La torre servirebbe a celebrare la vocazione commerciale di Sarzana. Ne è così sicura l’Amministrazione della città? Oggi le piazze commerciali sono virtuali, viaggiano con internet e sarà così sempre di più. Il linguaggio del commercio si è arricchito di nuovi termini, figli della rivoluzione tecnologica del nostro tempo. Oggi si parla di “long tail” (la coda lunga, un ragionamento che risale alla curva di distribuzione statistica dei prodotti di Vilfredo Pareto,1848-1923) per definire il passaggio dall’offerta di pochi prodotti di massa, tipico della società dei consumi, all’offerta di tanti prodotti con caratteristiche diverse: tante nicchie in cui diventa essenziale l’interazione con le comunità dei consumatori. Si parla anche di “nodi/utenti”, le comunità di clienti che si scambiano informazioni via internet sui prodotti e contribuiscono a definirne l’uso e le caratteristiche. Un esempio fra i tanti è il sito PETA per i vegetariani, che diffonde non solo ricette di cucina, ma contribuisce alla definizione dello stile di vita di chi si pone il problema del rapporto fra alimentazione e tutela dell’ambiente. Il “passaparola” viaggia su internet e ha raggiunto dimensioni indipendenti dalla distanza geografica degli utenti. Tutto questo rivoluziona le tecniche di marketing, di informazione sui prodotti.
Si parla anche di “commercio equo e solidale” e di “consumo critico”, criteri che riguardano quelli che (e non sono più una sparuta minoranza!) si pongono il problema del consumo responsabile, cioè che privilegiano le produzioni locali che rispettano l’ambiente. Ma ‘sta benedetta torre così alta e ingombrante, non rischia di diventare il monumento al passato commerciale della città di Sarzana, invece che al suo futuro?
4. Un edificio progressista. L’opposizione al cosiddetto “progetto Botta” non deve avere carattere regressivo. Quando serve si deve costruire bene e senza troppa nostalgia. Edifici tradizionali e architettura contemporanea, quando il progetto è buono, convivono bene e si valorizzano a vicenda. Un edificio che esprima il futuro di questa città me lo immagino alto, “magro”, pieno di tecnologia, limitato nei consumi, capace di produrre parte dell’energia che utilizza con il ricorso alle energie rinnovabili, parco nelle emissioni di CO2. Un edificio intelligente, dove si faccia terziario avanzato, ricerca, progettazione, adatto a stimolare le capacità imprenditoriali di questo territorio. Un edificio dove si studia, visto che nell’epoca di internet i campus universitari rappresentano un dispendio non necessario. Dove si investe in sapere e si studiano proprio le forme contemporanee del commercio per far nascere, da quelle riflessioni, nuove imprese capaci di navigare nei mari in tempesta della crisi e di affrontare i problemi del nuovo secolo.
Penso che la città abbia bisogno di un bell’edificio senza retorica, sobrio, laborioso come i sarzanesi, i quali sanno che le cose, se le vuoi, te le devi conquistare; e se vuoi conservare la tua importanza devi darti da fare. È possibile affidare alla matita dell’architetto Botta questo tema? Penso di sì, ma bisogna chiederlo al lui.
Lerici, 1.3.09