Sarzana, che Botta!

« Il fine di ogni associazione è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo: libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione »

Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789


Architetto Damiano: “Quale politica serve per lo sviluppo della città?”

Sono mesi che si discute a Sarzana del progetto Botta, ma la questione non si può ricondurre esclusivamente agli elaborati dell’architetto ticinese!
È inusuale, problematico e preoccupante l’approccio, la gestione e il profilo tenuto da parte dell’Amministrazione Comunale su questo tema; lascia molto perplessi coloro i quali – anche nel passato recente – erano abituati a discutere, con tempi ragionevoli e con ampia disponibilità d’informazioni, le novità, a comprendere le necessità, a partecipare ai processi di crescita e miglioramento di Sarzana.
La discussione deve spostarsi – inizialmente – sul tavolo delle priorità e delle esigenze reali della città; il progetto oggi presentato dal soggetto attuatore (ovvero dalla proprietà dei terreni) ha la capacità di imprimere un segno indelebile e d’ipotecare pesantemente anche il prossimo strumento urbanistico. Un privato può svolgere, impropriamente, un ruolo di indirizzamento – culturale, urbanistico, tipologico e sociologico – che è proprio dell’Amministrazione della città?
Il Piano dell’Arch. Piarulli (sul quale si innesta il progetto) è il frutto di ragionamenti, sensibilità e necessità nate nei primi anni 90: restano valide le problematiche legate alla mobilità, all’ambiente, al verde, all’intermodalità, … ma i temi della sostenibilità, dell’energia, della vivibilità, della sicurezza, della residenzialità, … se non sono nuovi oggi richiedono nuove e differenti modalità di risposta.
È necessario che l’Amministrazione si riappropri dei suoi ruoli e che non abdichi a chi, possedendo i terreni impone – seppur con nomi di prestigio – progetti che sembrano essere ispirati e stimolati dalla massimizzazione della rendita immobiliare.
Se serve alla città, occorre che si trovi anche il coraggio di proporre un ridimensionamento delle cubature residenziali, oppure che si congeli la sistemazione della periferia ovest in previsione del futuro strumento urbanistico: oppure? Che il tema della ricomposizione di un pezzo di Sarzana – bistrattato, ingiuriato, incongruente – venga riportato, con nuovi approcci, ad un livello partecipativo degno delle tradizioni di questa città. La politica, opposizione compresa, c’è? È sufficientemente matura e indipendente per incamminarsi su questi percorsi?
Non vorrei che lo slogan Fuck the context (tradotto eufemisticamente in, non curarti del contesto) che mutua alcune correnti dell’architettura odierna (forse anche il progetto Botta!?) avesse contaminato anche la politica locale; così per gli edifici troviamo l’ideazione di forme fini a se stesse, al punto da trasformarsi in idolatria o in segno manifesto del potere politico, capaci da una parte di neutralizzare storia e cultura dall’altra di curare le frustrazioni di alcuni. Il Fuck the context per la politica si esplicita nel non considerare la passione e l’amore che muove questa città.
Non è giusto parlare del piano Botta come di un attacco al centro storico, occorre invece notare che l’architettura è interessante, seppur non nuova, ma sicuramente non ha ascoltato il passato della storia, della cultura, dei segni, …della nostra città.
Il genius loci non si può riconoscere nella torre; tutto l’arco ferroviario tirrenico è disseminato di serbatoi dell’acqua simili a quello che ha ispirato il maestro. Sarzana offre ben altro: a Sarzana non serve una nuova porta di accesso, a Sarzana non serve rialzare di un piano il Laurina, a Sarzana non serve la lego-architettura, a Sarzana non serve un’architettura che rappresenti il grado zero delle relazioni interpersonali, a Sarzana non serve una maxi torre, …
A Sarzana serve ricucire i tessuti extraurbani di via Muccini, riqualificare e/o ricostruire gli edifici, ridisegnare i percorsi, riempire congruamente gli spazi liberi, anticipare e invitare alle particolarità e all’unicità del poco distante centro storico.
A Sarzana non serve un “famolo strano” che affligge il marketing urbano di quasi tutte le piccole e grandi città del mondo; per gli architetti/archistar una “scorciatoia verso una posizione riconosciuta, che li esima da una continuazione della ricerca” (Leonardo Benevolo).
Occorre oggi, per prima cosa, ricostruire le modalità di relazioni tra Amministrazione e cittadinanza, il tutto a vantaggio di entrambi: da una parte per sgombrare equivoci e smorzare provocazioni e dall’altra per meglio comprendere, nella trasparenza, l’evoluzione di un pezzo di città. E chi deve ricostruire questo nuovo campo di gioco è la politica locale, opposizione compresa.
Serve veicolare in rete tutto il materiale progettuale, non imprimere accelerazioni nei percorsi autorizzativi, ridiscutere i volumi previsti, dare tempo a Botta per ricercare il genius loci o che comunque lo vada a trovare in sonno come gli successe per il Piermarini in occasione della ristrutturazione della Scala milanese, ….
Grazie alle tradizioni democratiche, partecipative e culturali della nostra città, alle capacità indiscutibili di Mario Botta e al ritrovato buon senso della politica, forse, anzi, spero che riusciranno a ricostruire un pezzo nuovo di città, certo incapace di suscitare le stesse emozioni del centro storico, ma sufficientemente difendibile e vicino al nostro vivere, al nostro abitare e al nostro sentire.
GianFranco Damiano Architetto
Sarzana, 21 marzo 2009

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martedì, 24 marzo 2009

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